di Nives Concolino
Icona internazionale del cinema, nonché protagonista di grandi sceneggiati televisivi, Franco Nero domani alle 20.30 sarà al Giometti Cinema di Riccione per presentare un film straordinario: ’L’uomo che disegnò Dio’, uscito il 2 marzo. Per la seconda volta dietro alla macchina da presa, il celebre attore interpreta Emanuele, un anziano solitario e cieco, che ha un grande dono di saper ritrarre chiunque, ascoltandone solo la voce. Stellare il cast che vede pure la presenza di Stefania Rocca, dei Premi Oscar Kevin Spacey e Faye Dunaway, insieme a Robert Davi e Massimo Ranieri, con loro Wehazit Efrem Abraham, Isabel Ciammaglichella, Diana Dell’Erba e Vittorio Boscolo. In attesa della serata Nero ricorda l’amico Fellini.
Come nasce questo film?
"Qualche anno fa, l’attore e scrittore Eugenio Masciari mi ha dato un testo, tratto da una storia vera. Parlava di un cieco che sentendo parlare le persone, con la plastilina creava i loro visi. Un’idea che non era male. Una sceneggiatrice ne voleva fare un film americano, ma non è riuscita. Così io, testardo, convinto d’interpretare il cieco, perché il mondo della cecità mi ha sempre affascinato, ho cominciato a pensare a una storia che potesse essere moderna, indirizzata a tutti i ceti ed età. Ho quindi chiamato Lorenzo De Luca, che lavora sempre con me, per scrivere una bellissima storia. Avevo già in mente di fare lo show in un circo, che ho sempre amato fin da ragazzino, quando stavo a Parma. Ne parlavo pure con Fellini".
Cosa comunica questa pellicola?
"Invia cinque messaggi: sul mondo della cecità, sull’immigrazione attraverso la mamma (Abraham) con una bimba (Ciammagliachella) scappata dall’Africa per la guerra, sulla tv spazzatura che si approfitta delle disgrazie altrui per fare audience, poi sul razzismo e sulla solitudine della vecchia".
Perché questo particolare interesse per l’immigrazione?
"Da oltre cinquant’anni lavoro in un villaggio per ragazzi chiamato Don Bosco, perché fondato da un salesiano, lì accogliamo ragazzi da tutto il mondo fuggiti dalle guerre".
Il 13 aprile uscirà un altro film diretto da Julius Avery?
"E’ L’esorcista del Papa, tratto dal libro Un esorcista racconta di padre Gabriele Amorth interpretato da Russell Crowe, io interpreto un Papa barbuto, Non identificato. Il film uscirà in contemporanea in tutto il mondo. Poi a Cuba vorrei girare Black Beans and rice".
Ha conosciuto Fellini, cosa ricorda del Mastro?
"Ah, Fellini! Ci siamo divertiti. Una volta venne sul set a Cinecittà, nel vedermi mi disse (e ne emula la voce, ndr): ’Francolino, ma perché sei così bello, altrimenti ti avrei fatto fare Casanova, che io non voglio bello così!’ Altro ricordo. Federico usava la mia stessa parrucchiera Giusy Bovino, che anch’io volevo nel mio film e lui: ’no, lasciala a me’. Sono tanti gli episodi piacevoli, l’ultimo risale a pochi mesi dalla sua morte, quando a Los Angeles gli diedero l’ultimo premio. Ci ritrovammo in bagno, gli dissi: ’Federì, ammazza, un altro premio!’ E lui: ’che me ne frega, vorrei piuttosto un po’ più di soldi per fare un film, ma non mi da più niente nessuno’".
Ora il suo ritorno in riviera.
"Sono stato a Rimini, città particolare, stupenda, la scorsa estate per il festival organizzato dal figlio di Tonino Guerra. A Riccione invece nel 1993, ci sono stato per il film per la tv ‘Azzurro Profondo’ su Angela Bandini, diretto da Filippo De Luigi. A Cervia Milano Marittima, infine mi hanno nominato cittadino onorario".