Rimini, 7 ottobre 2019 - Si è presentata presentata al pronto soccorso dell’ospedale di Rimini per due volte, accusando sempre gli stessi sintomi: un violento dolore alla testa con tanto di rumori all’interno dell’orecchio. Non sapeva, la donna riminese di 64 anni, che quella maledetta ‘cefalea’ l’avrebbe portata alla morte. Il mal di testa altro non era che un aneurisma cerebrale, non disgnosticato dai sanitari che l’avevano presa in cura.
Ora un neurologo dell’ospedale di Rimini, Alberto Amadori, è a processo per il decesso della donna, da poco tempo in pensione. I familiari, assistiti dall’avvocato Cristian Brighi, subito dopo la scomparsa della signora, avevano fatto causa: volevano sapere se, con i dovuti accertamenti diagnostici, quella morte avrebbe potuto essere evitata. Due giorni fa, durante l’udienza del processo al medico (difeso dall’avvocato Leo Bernardini) sono state ripercorse le tappe del dramma che ha investito una famiglia riminese.
Siamo a fine novembre del 2014 quando la donna si presenta in pronto soccorso. Da qualche giorno è affetta da un mal di testa che non le dà tregua: in più avverte anche degli strani rumori all’orecchio. Quando viene visitata la signora fa presente al personale tutti i suoi problemi: viene visitata anche dal neurologo, il dottor Amadori, che la sottopone a una Tac, senza contrasto però.
La donna e i familiari vengono rincuorati: «E’ solo un mal di testa», si sentono rispondere. La signora viene rimandata a casa, ma il mal di testa, nonostante gli antidolorifici prescritti, non passa.
Passa un mese e il 27 dicembre, la signora si ripresenta al pronto soccorso dell’ospedale Infermi. La cefalea non l’abbandona. Anche in questa occasione si trova di fronte lo stesso neurologo che l’ha visitata un mese prima. Stavolta non la sottopone a una Tac immediata, ma gliela prescrive per due giorni dopo, ossia per il lunedì successivo. La donna torna a casa e la domenica arriva il dramma. Viene colpita da un aneurisma cerebrale che provoca un’emorragia. La signora si accascia fra le braccia del figlio.
Viene trasportata al Bufalini dove è sottoposta a un intervento chirurgico, ma le sue condizioni sono disperate. Viene poi trasportata per tentare una riabilitazione alla Sol et Salus, ma non si riprende mai più e muore l’11 aprile 2015. «Mia madre non si è più ripresa, riusciva a malapena ad aprire gli occhi e abbozzare un sorriso», ha ricordato tra le lacrime il figlio. Il processo è stato aggiornato al 29 ottobre.