"Oliviero mi ha insegnato praticamente tutto. È stato un maestro, un amico, un padre". Marco Morosini parla con la voce rotta dall’emozione. Travolto da una valanga di ricordi. "Negli ultimi 25 anni credo di esser stato uno dei più stretti collaboratori e amici di Toscani. Ci eravamo sentiti da pochi giorni, gli avevo detto che sarei andato presto a trovarlo. Ma non ho fatto in tempo", racconta il designer e proprietario del marchio Brandina.
Quando ha conosciuto Toscani?
"Nel 1996. Io avevo 24 anni. Avevo visto sulla rivista Colours (distribuita nei negozi della Benetton), queste sue bellissime grandi foto. Nel giornale si parlava di Aids, sesso, droga. A Milano ero rimasto folgorato da un manifesto della sua ’Fabrica’, il centro di ricerca sulla comunicazione che aveva aperto con Luciano Benetton. Mandai il curriculum, mi rifiutarono ma andai comunque a Treviso, per partecipare a un workshop di 3 giorni. E una volta lì, al terzo giorno, trovai il coraggio di parlare a Toscani".
Che era quasi inavvicinabile...
"Sì. Tante persone non osavano rivolgergli parola. Mi feci forzai, gli parlai e lui mi condusse nel suo ufficio, ricavato in un piccolo magazzino per gli attrezzi (’Fabrica’ è nata in un casolare). Gli mostrai alcuni miei lavori, lui mi chiese di collaborare".
Di strada ne ha fatta tanta, insieme a lui.
"In tutti i sensi. Con Oliviero ho viaggiato in tutto il mondo. E ho collaborato a quasi tutti i suoi lavori. Anche alla sua ultima campagna fotografica per Benetton Until you are dead del 2000: era contro la pena di morte, raccontava storie di condannati a morte. Scoppiò uno scandalo, fu il suo ultimo lavoro con Benetton. L’ho seguito in Toscana, abbiamo continuato a collaborare anche quando ho aperto il mio studio. Eravamo amici".
Com’era sul lavoro?
"È stato un grande maestro, ma ‘educava’ con gli schiaffi. Sapeva dove colpirti, affondarti. Un duro, ma a fin di bene. Se volevi lavorare con lui, dovevi prepararti a piangere. Se avevi il coraggio di farlo, asciugarti le lacrime e il giorno dopo ritornare, allora ce la facevi".
Non aveva mezze misure...
"No, per niente. Abbiamo litigato tante volte. Una volta abbiamo fatto un video a Davos, per il World economic forum, lavorando giorno e notte. Alla sera eravamo sfiniti, eppure a mezzanotte lui convoca una riunione per parlare di un nuovo progetto. Io gli dico: Basta, me ne vado".
E se ne andò?
"Sì, presi il treno, lui si arrabbiò moltissimo. Poi ci siamo chiariti, poi. A volte gli ho detto cose pesanti, ma se sei orgoglioso con Oliviero non vai da nessuna parte. Eravamo molto legati. Abbiamo passato giorni bellissimi, io da lui in Toscana e lui da me a Granarola. L’ultima volta è stata l’estate scorsa: stava già male, ma in quei giorni era felice".
Quando l’ha sentito per l’ultima volta?
"La settimana scorsa. Era molto provato. Pochi giorni fa l’ho richiamato, ma non ha più risposto. Ieri, quando ho saputo, sono scoppiato in lacrime".
Chi è stato per lei Toscani?
"Uno dei più forti artisti contemporanei del mondo. Un maestro per tanti. Un amico. Un padre".
ma.spa.