di Federico Tommasini
e Francesco Zuppiroli
Suona Something in the Way dei Nirvana nell’abitacolo dell’auto sopra cui venerdì sera abbiamo iniziato il nostro viaggio per gli anfratti di Miramare. Lungo quel viale Regina Margherita che fa da spina dorsale in sequenza anche a Rivazzurra, Marebello e Bellariva, prima di trasmutare nell’intitolazione alla sua successora Elena. Di giorno, un’arteria della città con vista mare. Di notte, una via crucis per chi (mal)capita di lì. Magari solo. Magari sola. Come le due ragazze che incontriamo non appena parcheggiato a bordo strada, all’altezza dei civici 130. Sono vestite da sera, tacco basso, calze per schermare il freddo. Parlano al telefono, si danno appuntamento con un’altra amica. Davanti a loro, arrivano però in direzione opposta due giovani. Urlano. Sbraitano tra loro qualcosa in lingua balcanica mentre le due donne li vedono, rallentano: arrestano il passo. Uno dei ragazzi ha in mano una bottiglia di birra e all’improvviso la scaglia a terra, ci dà un calcio: la rompe in mille pezzi. Basterebbe questo per mettere in allarme chiunque davanti ad abituali frequentatori che a Miramare spuntano con il calare della sera, dalle 23 circa in poi. Ma non è tutto. Il ragazzo dell’Est Europa che ha appena infranto la bottiglia nota le due giovani poco lontano. Fa dei gesti. Le punta. Grida loro dietro: "Amore!". L’abc del peggior cat calling. Le ragazze vedono, tremano, scappano.
Basterebbe questo, dicevamo. Un manifesto dell’insicurezza che un venerdì sera di metà novembre può trasmettere a due giovani donne uscite per divertirsi e incappate invece nel prototipo di chi si è preso Miramare. Chi, vedendo noi anche solo camminare sul marciapiede, ci accosta per il gusto di offrirci un gentile consiglio: "Andate aff..., non state qui". Come a Compton.
Sull’onda dell’euforia estiva di cui la zona Sud fa indigestione fino a settembre, per poi ritrarsi come fa la marea dell’Adriatico lasciandosi indietro solo conchiglie vuote come gli hotel: ora Miramare fa paura. Lo fa ai residenti, ai negozianti, a chi dalle 22 preferisce abbassare la serranda per non rischiare di finire come il dipendente di un kebab, accoltellato in piena notte da due persone al culmine di una rapina finita male qualche giorno fa. E allora ecco che in un cupo clima degno della Gotham City di Matt Reeves, dalle 23 in poi le strade di Miramare si spengono, sono illuminate solo dalle lucciole che ad ogni angolo – letteralmente, ad ogni angolo – si posteggiano quasi invadendo la carreggiata per abbordare qualche cliente. Restano solo le sale giochi. Caparbie, quasi incoscienti. Per lo più vuote. Mentre fuori, sulla strada, transitano mandrie di giovani diretti chissà dove a fare festa. Ad attenderli alle fermate di Metromare e bus ci sono gli ’spaccini di quartiere’. Pusher appostati pronti a farsi un po’ più in là, in qualche viuzza che porta dentro alla pancia del quartiere, per concludere la transazione illecita.
Stesso copione sul lungomare. Lì la foschia è bassa. Dietro il buio si sentono le onde. Ma sulle panchine stanno seduti in attesa alcuni ragazzi. Ad un’occhiata a distanza di sicurezza sembrano stranieri. Non si parlano e aspettano. Aspettano spuntare da dietro l’angolo altre persone con cui s’incontrano a metà strada, parlottano, si scambiano qualcosa. Il copione dura fino alla mezzanotte, quando cominciano ad essere più serrati i passaggi della polizia con una, due, tre pattuglie a sirene accese. I controlli ci sono, eccome. Ma la zona è ampia. Troppo ampia. E non appena il viale Regina Margherita si fa forza imbaldanzito dall’arrivo della cavalleria, il degrado ripiega su sé stesso. Nel reticolato di viuzze interne c’è il parco Laurenti, proprio di fronte a un preisdio dell’istruzione: al Perito turistico. L’ironia degli ossimori. Lì c’è un ampio parcheggio. Tutto intorno alberghi chiusi e terreno fertile per gli sbandati che spuntano dal buio. E Miramare continua a far paura. Tra cittadini che la considerano ormai una frontiera e chi, le forze dell’ordine in primis, invece non si arrende e con abnegazione mette un freno al dilagare del degrado. Che però c’è e suona duro e disturbante come le note del grunge dei Nirvana. D’altronde, Something in the Way...