CARLO ANDREA BARNBABÈ
Cronaca

L’ultimo democristiano. È morto Ermanno Vichi il regista discreto del potere riminese

Ex parlamentare della Margherita e primo presidente della Provincia è scomparso dopo una breve malattia. Aveva 82 anni . L’ultima battaglia per l’Università dopo il ritiro a vita privata.

L’ultimo democristiano. È morto Ermanno Vichi il regista discreto  del potere riminese

L’ultimo democristiano. È morto Ermanno Vichi il regista discreto del potere riminese

"Tanto lo so che avete già preparato il mio coccodrillo". Non era vero, ma nessuno avrebbe immaginato che da lì a qualche mese Ermanno Vichi sarebbe finito sui giornali. "Se posso lo evito... lasciamo parlare gli altri". Più democristiano di così. Perché Vichi lo era fino al midollo. Felpato, acutissimo, riservato al limite dell’ossessione, Vichi è morto a 82 anni dopo una breve malattia.

Era stato eletto in consiglio comunale nel 1975 sotto le insegne della Dc. Poi consigliere regionale e nel 1995 primo presidente della neonata Provincia di Rimini. Qualche anno dopo approda alla Camera, eletto con l’Ulivo in quota Margherita. Ma l’esperienza dura poco e al giro dopo viene parcheggiato per fare posto a Elisa Marchioni. Non dirà mai una parola su questo, ma è in quel momento che qualcosa si rompe. "Non ho più rinnovato la tessera del Pd", confidava negli ultimi anni agli amici. Con gli ex comunisti aveva sempre convissuto, ma senza rinnegare i suoi valori. Negli anni di Andrea Gnassi a Palazzo Garampi, Vichi si teneva alla larga da piazza Cavour. Torna a frequentare il municipio, passando dalla porta sul retro, quando Jamil Sadegholvaad diventa sindaco. E lui oggi a rivelare quel profondo legale: "Dalla mia elezione ho incontrato Ermanno almeno una volta alla settimana e tutte le settimane. Consigli preziosi, momenti divertenti. Se ne va un amico, un maestro, un gigante della politica riminese".

Un rapporto che si svela all’indomani della morte dell’ex parlamentare, e che spiega meglio di tante parole l’essenza dell’uomo. Nessuna ansia di comparire, di ostentare un potere che, nel mondo cattolico riminese, è stato per decenni quasi assoluto.

Di quella generazione di democristiani, Vichi è la figura più misteriosa. Coltissimo e dotato di un’ironia tagliente, preferiva i corridoi dei palazzi ai riflettori. "Ci sono politici che fanno a gara per esprimere il loro cordoglio anche quando muore un bidello", sibilava ma senza cattiveria. Liquidava i nemici con una risatina pungente. "Ormai sono fuori dai giochi", lasciava intendere ai cronisti in cerca di pettegolezzi. Ma bastava fare qualche incrocio per scoprire che era ancora lui il detentore di quella tradizione moderata e curiale che ha segnato la vita pubblica riminese.

Si diceva che quando De Gasperi andava in chiesa parlava con Dio, Andreotti con il prete. Vichi lo faceva con entrambi. Tra le cose a cui teneva, lui ex professore di Lettere, c’era l’Università per cui si è battuto fino all’ultimo giorno. A chi lo accusava di essere avaro, rispondeva offrendo un caffè. Per poi aggiungere: "Quando ho fatto il presidente della Provincia ne abbiamo risparmiati di soldi". Forse per quello venne scelto come tesoriere della Margherita. Uno dei pochi parlamentari riminesi a contare qualcosa. Dopo di lui una schiera in cui abbondano miracolati e dilettanti, che ne fanno un "gigante". Anche se non avrebbe mai voluto che lo scrivessimo.