"L’obiettivo è di includere, nel valore che questo strumento andrà ad indicare, tutti i redditi e i patrimoni ovunque prodotti e detenuti, cosa che il decreto ancora non ha realizzato. L’introduzione dell’Icee consentirà di destinare le risorse pubbliche alle famiglie realmente meno abbienti?". Se lo chiede ormai da tempo la Csdl che dell’Icee (l’indicatore della condizione economica equivalente attualmente fermo in un decreto) parla da tempo. E ora ne ha discusso in un dibatto pubblico organizzato dal sindacato e nel quale sono intervenuti il segretario di Stato per gli Affari Interni Andrea Belluzzi, Elisa Zafferani per Domani Motus Liberi, il segretario generale dell’Unas Pio Ugolini e il segretario Csdl Enzo Merlini. "Sulle funzioni dell’Icee – sottolinea il sindacato – il Governo ha dichiarato che non intende ridurre la spesa pubblica per gli interventi in favore delle famiglie, ma distribuirla in maniera più equa. Principio che sostieniamo da sempre". "Sull’Icee ci troviamo ancora in una fase di confronto con l’esecutivo, con l’obiettivo di includere, nel valore che questo strumento andrà ad indicare, tutti i redditi e i patrimoni ovunque prodotti e detenuti, cosa che il Decreto ancora non ha realizzato. Una volta raggiunto questo obiettivo, governo e sindacati hanno assunto l’impegno di prendere in esame gli interventi pubblici esistenti, siano essi basati sul reddito personale e familiare, o riconosciuti indistintamente a tutti, per verificarne la distribuzione con criteri di maggiore equità".
Questi interventi, "stimati in 37 milioni annui – dice – spaziano dagli assegni familiari al diritto allo studio, dalla previdenza all’edilizia sociale e sovvenzionata. Tale cifra corrisponde a circa il 10% del bilancio dello Stato e al 2% del Pil. Visto l’ammontare significativo di queste risorse, a maggiore ragione occorre avere la massima attenzione nel loro utilizzo, destinandole alle famiglie che ne hanno maggiore necessità". Sull’Icee si era espressa Rete. "Diversi segretari di Stato hanno iniziato a dire che la norma sull’Igr fa acqua e abbiamo scarsità di informazioni di dati che aiutino a capire l’entità dei patrimoni e tutto questo genera una norma che rischia di essere iniqua".