
Ettari ed ettari di terreno devastati dai lavori. Angoli di bosco spazzati via. Plastica ovunque e biodiversità ferita. E’ quello che stanno lasciando, al loro passaggio, i cantieri del nuovo metanodotto in Valmarecchia. Una profonda cicatrice in mezzo alle colline. Le associazioni ecologiste, a partire da Legambiente, stanno tenendo sotto controllo i lavori e i progetti (promessi) per la piantumazione di nuovi alberi e la sistemazione dell’alveo del fiume Marecchia e di alcuni torrenti. Le prospettive non sono buone. "Una cosa è certa – dicono da Legambiente – l’ecosistema è stato profondamente cambiato". Danneggiate flora e fauna, "ci vorranno anni prima che si possa tornare a vivere l’ambiente come prima dei cantieri del metanodotto.. Sulla trasformazione del territorio provocata dai lavori è in corso l’indagine dell’università di Urbino affidata al professor Riccardo Santolini, uno tra gli esperti del comitato del capitale naturale del ministero dell’ambiente. "Stiamo analizzando la perdita di capitale naturale su un tratto di 20 km – spiega il docente – Purtroppo c’è stata un’alterazione molto importante dell’ecosistema". Insomma, "la situazione andava gestita diversamente. Le Regioni dovrebbero investire per proteggere la biodiversità". Tra i problemi più principali l’abbandono di enormi quantità di plastica che invadono il fiume e le aree verdi. "Non è stata eseguita la pulizia dei prodotti di scarto e materiali usati per i cantieri, come rifiuti, plastica, cartelli, pali in ferro – attaccano i residenti di Pennabilli – In zona Ponte Otto Martiri c’è rischio di frane alla cava. Le strade vicino ai cantieri sono disastrate a causa dei mezzi. Sono presenti tanti pneumatici di grandi dimensioni usati dagli operai e ora abbandonati".
Rita Celli