REDAZIONE RIMINI

La società fattura troppo e lui finisce indagato

Quando il successo della propria azienda porta con sé tante belle soddisfazioni ma anche non poche rogne giudiziarie. E’ la...

La società fattura troppo e lui finisce indagato

La società fattura troppo e lui finisce indagato

Rimini, 14 gennaio 2024 – Quando il successo della propria azienda porta con sé tante belle soddisfazioni ma anche non poche rogne giudiziarie. E’ la vicenda che ha avuto come protagonista un imprenditore cinquantenne, fondatore di una società con sede a Rimini, che dopo un calvario durato nel complesso diversi anni è riuscito, grazie all’aiuto dell’avvocato Gianluca Brugioni, a dimostrare la propria innocenza davanti al giudice, ottenendo una sentenza di piena assoluzione.

Viene così a decadere l’accusa a suo carico, cioè quella di aver presentato dichiarazioni dei redditi fraudolente al fine di eludere il Fisco e mettersi in tasca guadagni indebiti, non versando nelle casse dello Stato importi Iva di quasi 2 milioni e mezzo di euro. L’imprenditore, alcuni anni fa, ha fondato una startup che si occupa di sviluppare dispositivi per ridurre l’inquinamento causato dalle auto.

All’attività principale se ne affianca un’altra, in questo caso focalizzato sulla compravendita di componenti elettroniche. Dopo alcuni anni di crescita contenuta, a cavallo tra il 2015 e il 2016 l’azienda comincia ad ingranare e va incontro ad un vero e proprio boom. Nel giro di un anno, il fatturato schizza da 500mila euro a quasi 12 milioni di euro. Un exploit anomalo, secondo gli accertatori dell’Agenzia delle entrate che, insieme ai militari della Guardia di Finanza, sospettano possa esserci qualcosa di poco trasparente.

Dai registri contabili, risultano una serie di fatture per operazioni commerciali che vanno ad abbassare significativamente la base imponibile della società. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, gli elementi passivi sarebbero però riferiti ad acquisti inesistenti, costruiti ad arte appositamente e delle quali non ci sarebbe la minima traccia nei registri di carico e scarico. L’imprenditore si difende, documenti alla mano, sostenendo che in realtà quelle operazioni sono effettivamente avvenute e che nei suoi registri contabili non c’è assolutamente nulla di illecito. Le indagini proseguono e alla fine per il titolare della startup arriva il rinvio a giudizio. In aula, grazie alla documentazione prodotta, riesce però a dimostrare la propria estraneità rispetto alle contestazioni che gli vengono mosse. La Procura chiede per lui una condanna a due anni, ma alla fine il processo di primo grado si conclude con una sentenza di assoluzione.