Sono andato in un noto ristorante di Cesenatico di fascia medio alta dove ho cenato molto bene. Il problema è stata la carta dei vini in realtà ben fornita, con le pagine iniziali dedicate ai vini locali con un focus sulle rebole riminesi e le albane dell’entroterra ma con prezzi non inferiori ai 24/26 euro quindi per chi conosce i prezzi del vino nella distribuzione con ricarichi superiori al 200 per 100. Non c’era offerta di vino della casa né di vino consigliato del giorno a un prezzo più accessibile, ho optato per un vino friulano della stessa fascia di prezzo ma almeno ho bevuto una novità. Il vino sta diventando un problema nella ristorazione perché i ricarichi iniziano ad essere al limite dello scandaloso e il consumatore viene messo di fronte a una scelta di non bere vino o bere vino del valore di 7 euro a bottiglia pagandolo 24/26 euro. Tale ricarico non è giustificato dal bicchiere, il coperto è inserito nel conto, o dal servizio di apertura.
Questa pratica di guadagno sconsiderato ha due effetti collaterali: allontana i giovani dal vino e diminuisce il consumo degli adulti più avvezzi al vino che tendono a non berlo o a scegliere alternative. Come fare? In primo luogo scegliere quei ristoranti dove il vino ha un giusto ricarico, ad esempio nel ristorante da Savino c’è una buona scelta di vini
locali a prezzi ragionevoli, nella Trattoria dalla Marianna ci sono 4/5 etichette locali di buona qualità proposte nella fascia accessibile 15/20 euro ma ne potrei citare altri. Un’altra alternativa è coniugare il vino della casa (chiedete sempre di quale cantina è) con 2 calici, anche in questo caso rientriamo nella fascia 15/20 euro. Il consumo del vino sta diminuendo, le alternative ci sono, gin tonic a 8 euro l’uno o birre da 50 cl a 6 euro l’una non ti espongono al pagare il 30% del tuo conto in vino, al Prowein di Dusseldorf era più frequentato il padiglione degli spirit di quelli dei vini, una riflessione nel mondo vinicolo è opportuna.
Luca Ioli