MANUEL SPADAZZI
Cronaca

L’indagine sulla morte di Pantani, per la Procura il caso è chiuso: “Non fu ucciso, era solo in camera”. I depistaggi e i ricatti alla famiglia

Le versioni di Fabio Miradossa, del tassista e di nuovi testimoni non hanno trovato riscontri. C’è chi si è inventato storie fantasiose e chi ha millantato per scucire soldi ai parenti del Pirata

Rimini, 3 ottobre 2024 – “Prima di morire voglio sapere cos’è successo a mio figlio a Madonna di Campiglio e a Rimini”. Tonina Belletti, la madre di Marco Pantani, non ha mai smesso di lottare “in cerca della verità”. E l’ha ribadito di nuovo in questi giorni, in cui l’indagine della Procura di Trento sui fatti di Madonna di Campiglio del 1999 ha riacceso i riflettori anche sulla tragedia del Pirata, morto il 14 febbraio 2004 all’hotel Le Rose a Rimini.

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Marco Pantani al Tour de France del 1998: nello stesso anno il campione di Cesenatico vinse anche il Giro d’Italia

Secondo gli avvocati della famiglia Pantani, Fiorenzo e Alberto Alessi, c’è ancora da indagare a fondo. Uno dei personaggi chiave della vicenda viene ritenuto Fabio Miradossa, uno dei due condannati insieme a Ciro Veneruso per la morte del Pirata (per l’ultima dose di cocaina data a Pantani). I legali si sono opposti alla richiesta di archiviazione del caso Pantani, depositata dalla Procura di Rimini a marzo. La loro tesi è che Miradossa non abbia raccontato tutta la verità Chiedono di fare ulteriori accertamenti anche su Veneruso, sulle persone che hanno incontrato Marco negli ultimi giorni e settimane a Rimini prima della tragedia, compreso chi ebbe a che fare con lui all’hotel Touring (dove Pantani soggiornò a dicembre), e su chi prescrisse e fornì i farmaci antidepressivi al campione di Cesenatico. A breve sarà il gip fisserà l’udienza in cui si deciderà se proseguire con questa terza indagine sulla morte del Pirata, come chiedono i legali della famiglia Pantani, o se invece archiviare il caso, come ha chiesto la Procura.

Non ci sono prove dell’omicidio

Secondo la Procura riminese anche questa nuova inchiesta sulla tragedia del Pirata non ha portato novità. Durante l’indagine, affidata ai carabinieri e condotta dal procuratore capo Elisabetta Melotti e dal sostituto procuratore Luca Bertuzzi, sono state sentite decine di persone. Comprese quelle suggerite da mamma Tonina e dai suoi legali. Miradossa è stato tra i primi interrogati dalla Procura, dopo l’intervista a Le Iene e le sue dichiarazioni alla commissione antimafia, in cui sosteneva che “Pantani è stato ucciso”. Ma agli inquirenti Miradossa ha spiegato che quella era stata una sua deduzione, perché Pantani “era soprattutto un fumatore di crack, non sniffava cocaina”. Ma la morte del Pirata, ribadisce la Procura, è stata causata da un mix di farmaci antidepressivi e cocaina”. E che le lesioni trovate sul corpo sono compatibili con l’overdose.

Il mistero dei 20mila euro scomparsi

Anche il fatto che Pantani possa essere stato ucciso per soldi, visto che non sono mai stati ritrovati i 20mila euro che aveva prelevato pochi giorni prima, è stata una sua deduzione. “Ho riferito di cercare i soldi perché Marco mi doveva dei soldi che non ho mai ricevuto – ha detto Miradossa agli inquirenti – Visto che in tv si parlava di due prelievi (di 10mila e e 12mila euro) ho pensato che Marco è stato ucciso a causa di quel denaro”. Ma la Procura, dopo le verifiche fatte, ha concluso che le affermazioni di Miradossa sulla morte, sulla sparizione dei soldi, sulla scena del crimine, sono in realtà, come lui stesso ha ammesso, mere deduzioni, formulate sulla base di notizie apprese da giornali e tv.

Le contraddizioni di Mario il tassista

Un’altra figura chiave dell’indagine è stato Mario, tassista di Cesenatico, anche lui intervistato da Le Iene. Aveva detto in tv che la mattina in cui Marco morì aveva accompagnato due ragazze – due ballerine che lavoravano in discoteca – all’hotel Le Rose, rimaste all’interno per alcuni minuti e poi scese con un maglione verde e un marsupio. È stata interrogata Donatella, una delle due donne, che ha negato tutto. L’altra, Daniela, si è suicidata nel 2018. Il racconto del tassista, secondo la Procura, è estremamente confuso e lacunoso e non ha trovato dei riscontri.

Marco era solo quando morì

Così come non sono stati trovati riscontri sul fatto che, il 14 febbraio 2004, qualcuno fosse entrato nella stanza D5 dell’hotel Le Rose, dove soggiornava Pantani. Anche se era in teoria possibile accedervi (passando dal garage) non ci sono prove della presenza di altre persone in camera. La Procura ha ricostruito anche i primi accertamenti eseguiti dalla polizia sul posto quella sera, non ravvisando irregolarità o anomalie.

I depistaggi e i ricatti

Tra le persone ascoltate ci sono anche figure che hanno contattato Tonina (e non solo) facendo credere di avere informazioni scottanti sulla morte del Pirata, rivelatasi completamente infondate e prive di riscontri. Altre che hanno millantato ipotesi fantasiose, come accertato dagli inquirenti. C’è chi l’ha fatto per visibilità, chi per guadagnarci. Come il titolare di un’agenzia di investigazioni, che collaborò all’epoca con la polizia per le intercettazioni sul caso Pantani: disse che sapeva “chi l’ha ucciso” ed era pronto a rivelarlo alla famiglia in cambio di 6mila euro.