"Speriamo negli emendamenti per modificare questo decreto" o in alternativa "nelle decisioni dei Comuni che hanno dei margini per tutelare le piccole imprese nei bandi". Quella di Mauro Vanni, presidente di Confartigianato imprese balneari è il sentore di tanti operatori di spiaggia delusi dal decreto del governo sul rinnovo delle concessioni. Nella stesura definitiva del decreto non ci sono sorprese per i bagnini. A fronte della proroga al 30 settembre del 2027, ma con la possibilità per i Comuni di anticipare i bandi, resta il nodo degli indennizzi. Nel decreto sono previsti ma solo sulla base degli investimenti non ancora ammortizzati degli ultimi cinque anni. Ciò significa che un bagnino dovrebbe avere investito somme consistenti nelle difficili stagioni della pandemia; cosa assai rara. Inoltre per essere tutelati sul riconoscimento dell’indennizzo dovrà essere fatta una perizia asseverata da un tecnico professionista, ma a pagarla dovrà essere il concessionario uscente, dunque lo stesso bagnino.
Infine il Comune che emette il bando potrà chiedere al concessionario uscente di demolire tutti i manufatti, con costi a carico di quest’ultimo. Ma quello che preoccupa più i bagnini è doversela vedere con altri imprenditori nel partecipare al bando. "Siamo piccole imprese, spesso a conduzione familiare - riprende Vanni - non abbiamo le possibilità economiche per competere con imprese strutturate". Tuttavia c’è una parte del decreto "non del tutto chiara", premette Vanni, che offre ai Comuni la possibilità di intervenire nei criteri dei bandi. L’auspicio è che venga limitata la possibilità di partecipare a più bandi ai grandi gruppi imprenditoriali, spiega il presidente. "Ma per noi resta comunque un problema vedercela anche con gli albergatori che intenderanno partecipare". Restano, per i bagnini, alcuni mesi di speranza, quelli che li separano dal decreto sugli indennizzi che dovrà presentare il ministero dei Trasporti e Infrastrutture assieme al ministero dell’Economia e Finanze entro il 31 marzo del 2025. Viene scongiurato invece il maxi aumento dei canoni del 110% visto nella prima bozza de decreto. Un errore riportato nella stesura definitiva al 10% di aumento previsto. Resta aperta la partita del partenariato pubblico-privato. Sul cosiddetto modello Bellaria al governo si erano già mossi presentando un emendamento.
Andrea Oliva