
Avevano instaurato un monopolio della vendita del cocco sulle spiagge romagnole. Almeno secondo gli investigatori della questura di Forlì che avevano giudicato i loro metodi di ‘concorrenza’ poco ortodossi. Fatti di minacce, danneggiamenti e percosse. Un racket a detta degli inquirenti che nell’agosto del 2010 avevano visto coinvolti anche alcuni venditori residenti a Riccione. Nove le persone che erano finite alla sbarra con accuse, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata ai reati di estorsione, illecita concorrenza mediante violenza e minaccia, minaccia a pubblico ufficiale e sostituzione di persona. A farne le spese era stato anche un inviato de ‘Le Iene’ che si era finto venditore abusivo ed era stato malmenato.
Secondo la ricostruzione fatta dalla Squadra mobile, era un’intera famiglia, tra fratelli e cugini, a gestire l’organizzazione. Le spiagge ‘interessate’ erano quelle di Misano, Cattolica, Rimini, Bellaria, Cesenatico e anche i lidi ravennati. Obiettivi delle minacce, sia le aziende, che albergatori, titolari di ristoranti e stabilimenti balneari. A curare le ‘pubbliche relazioni’, uno di protagonisti principali (il presunto capo, detto ‘don Antonio’ nel frattempo è morto), Mariano Manfredonia, che, dicono, si presentava alle vittime accompagnato da un guardaspalle di due metri che veniva descritto come "un detenuto di lungo corso". Per la vendita tutilizzavano una ventina di ragazzi, tutti provenienti dalla Campania, che guadagnavano circa 500 euro al giorno, anche se il 70 per cento sarebbe finito nelle tasche di Manfredonia, in cambio di vitto e alloggio.
La prescrizione però ha seppellito la maggior parte dei reati. Ma ieri i giudici hanno concordato con l’impostazione dell’accusa, rappresentata dal pubblico ministero, Luca Bertuzzi, che hanno riconosciuto l’esistenza di un vero e proprio racket. Condannando Mariano Manfredonia a 5 anni e mezzo di carcere ed Espedito Manfredonia a 3 anni e otto mesi. Assolti invece i rappresentanti della ‘famiglia’ che lavoravano su Riccione, rappresentati dall’avvocato Stefano Caroli, che hanno sempre sostenuto di avere una regolare licenza emessa dal Comune.