Rimini, 8 settembre 2024 – Hanno aperto i Cau, ma "gli accessi ai pronto soccorso di Rimini e Riccione aumentano". Lo rileva Pietro Pesaresi, presidente dello Snami (il sindacato autonomo dei medici) a RImini. "Lo avevamo detto tempo fa: con i Cau non si sarebbe risolto il problema degli accessi ai Ps. Ora lo dicono i dati della stessa Regione riguardo i primi sei mesi di quest’anno confrontati con il 2023, quando i Cau ancora non c’erano". Il sindacato porta a supporto delle proprie posizioni i numeri.
"Parlano i dati ufficiali. Incredibile il risultato fatto dal pronto soccorso di Riccione, dove vediamo un aumento del 14,1% degli accessi". Va detto che il Cau a Cattolica, è entrato in funzione il 18 dicembre. "Cattolica accoglie l’utenza della Valconca – prosegue Pesaresi – Ma in questo Cau vediamo come una parte dei pazienti venga poi dirottata al pronto soccorso più vicino, Riccione. Ovviamente per portare i pazienti al Ps viene utilizzato il 118, impegnando così ambulanze per il trasporto, e viene dato un codice di maggiore gravità. Infatti vediamo come nei Ps siano cresciuti i codici di maggiore gravità".
Nei primi sei mesi a Rimini gli accessi sono aumentati del 5,1%, nonostante il Cau sia stato aperto qui alla fine di aprile. L’effetto Cau non si è fatto sentire neanche sull’attesa media, rimasta pressoché uguale in base ai vari codici. Per un codice azzurro, ovvero con urgenza differibile, l’attesa media si è attestata sulle due ore e un quarto. Sono aumentati rispetto ai primi sei mesi del 2023 i codici arancione e rosso, i più gravi: rispettivamente del 33,5% e del 10,8%. Calano i codici bianchi e verdi, ma con percentuali basse (3,4% e 0,9%). Anche al pronto soccorso di Riccione si assiste a un aumento del numero di codici azzurri, arancioni e rossi.
"Pensare che Mattia Altini, direttore regionale dell’assistenza ospedaliera, aveva detto che i casi meno gravi sarebbero diminuiti del 75% nei pronto soccorso. Ma i numeri dicono tutt’altro – prosegue Pesaresi – A essere sbagliato è proprio il modello... Aumentano gli accessi complessivi perché quando offri un servizio di primo accesso questo si satura, per la grande necessità di risposte da parte dell’utenza. Al contrario andrebbe potenziata la medicina di famiglia con ambulatori sul territorio e servono visite ed esami in tempi brevi, non come avviene ora".