Rimini, 12 agosto 2019 - «Oggi siamo ancora qui, dovevamo aprire il prima possibile l’albergo. Lo abbiamo fatto per la mamma, in questo hotel ci ha messo il cuore». Annalisa Brighi, assieme alla sorella Francesca e al padre Giancarlo rimasto anch’egli ferito nell’incendio che si è sviluppato all’Augustus il primo giorno di luglio, hanno riaperto le porte dell’hotel il 3 agosto scorso.
Tecnici, operai ed anche l’amministrazione comunale hanno fatto tutto a tempo di record pur di consentire alla famiglia Brighi di riprendere la propria attività.
L’incendio era divampato nel locale lavanderia posizionato all’ultimo piano della struttura. Le fiamme si vedevano da lontano. Persino dalle imbarcazioni a diverse miglia dalla costa si vedeva la densa colonna di fumo alzarsi dall’hotel.
I feriti più gravi sono stati gli stessi titolari. La madre per le ustioni riportate ha trascorso più di quattro settimana al reparto ustionati del Bufalini di Cesena. A raccontare quei momenti e la speranza che si è riaccesa negli ultimi giorni, è Annalisa.
Cosa ricorda di quei terribili momenti?
«Quando è scoppiato l’incendio ci siamo precipitati a veder cosa stava accadendo, ma le fiamme erano già troppo alte. Ho chiamato i vigili del fuoco, ma mia mamma purtroppo è rimasta vittima della gravità della situazione. Ora è stata trasferita a Riccione e sta migliorando. Sta bene anche mio padre, in hotel con noi».
Siete riusciti ad aprire in pochissimo tempo, quanto è stato difficile rimettersi subito al lavoro?
«Tanto, ma se è stato possibile fare tutto in così poco tempo dobbiamo ringraziare anche chi ci è stato vicino, dagli operai, ai tecnici, l’architetto Bellettini, ed anche il sindaco Fabrizio Piccioni».
Come l’hanno presa i clienti?
«Ci sono state disdette, ma tanti dei clienti storici hanno deciso di tornare. Volevano incontrarci, sentire come stiamo».
Come proseguirà la stagione?
«E’ difficile, abbiamo fatto tanto per riuscire a riaprire, ma era una cosa che sentivamo di dovere fare per nostra mamma. Ha dato il cuore per questo hotel che prima era dei miei nonni».