di Francesco Zuppiroli
Scorrendo i nomi dei candidati consiglieri comunali alle amministrative dell’ottobre 2021, nella lista civica di centrodestra ’La casa dei moderati’ spunta un nome. È quello di Ketty Tosi, oggi 55enne, sostenitrice (poi non eletta) dell’allora candidato sindaco Enzo Ceccarelli. Quello stesso nome, ieri pomeriggio, è saltato fuori di nuovo. Questa volta in un’aula di tribunale, quando i giudici di Rimini in seduta collegiale hanno pronunciato il nome di Ketty Tosi a seguito della sentenza di condanna per il reato di atti persecutori, pur non ritenendo applicabile l’aggravante dalla discriminazione di matrice omofoba, perché di introduzione successiva all’inizio del procedimento.
È il marzo dell’anno scorso. Ketty Tosi e il padre Armando vengono rinviati a giudizio per essersi macchiati, secondo le accuse, di numerosi e reiterati episodi di stalking a sfondo omofobo nei confronti di una coppia gay, loro vicini di casa. Una situazione già nota. Tirata in ballo dall’Arcigay proprio durante la campagna elettorale del 2021, quando l’associazione puntò il dito per la prima volta contro quella candidatura ’scomoda’ della Tosi. L’ex candidata consigliera e il padre, infatti, non si sarebbero limitati, in un anno e mezzo di presunti atti persecutori, a offendere sistematicamente la coppia omosessuale affacciandosi al balcone quando i due entravano e uscivano di casa. Bensì, secondo il quadro accusatorio dipinto nel corso del processo a seguito alle indagini coordinate dalla pm Giulia Bradanini, padre e figlia avrebbero anche più volte spiato e filmato i vicini gay, arrivando a riprenderli anche dentro la loro abitazione.
Questo lo scenario entro cui ieri si è concluso il processo di primo grado a Ketty Tosi e il padre, con una condanna rispettivamente a otto mesi e un anno e due mesi di reclusione, con pena sospesa. Il tribunale collegiale ha altresì condannato gli imputati al risarcimento delle parti civili – tra cui oltre alle vittime compare anche Arcigay Rimini, rappresentata dall’avvocato Christian Guidi –, più le spese processuali, per un complessivo di 30mila euro. Dai giudici è stata poi indicata la possibilità di recupero con la partecipazione ad attività sociali per un percorso di tre anni. Questo l’esito di un’udienza che l’associazione Arcigay, nella persona del presidente Marco Tonti, definisce: "Una vittoria della civiltà che si realizza. Una condanna esemplare – continua Tonti –, che ogni persona che pensa di poter adottare comportamenti omofobici e discriminatori dovrà tenere ben presente". Per l’occasione, configurandosi la discriminazione, l’Arcigay ha ricevuto, per la prima volta in Italia, il sostegno anche dell’Anpi di Rimini. Ketty Tosi e il papà, rappresentati dall’avvocato Piero Venturi, hanno garantito di "fare ricorso in appello – così il legale –. Perché non condividiamo su tutto la condanna alla figlia Ketty, poiché non è certo abbia partecipato a questi presunti atti persecutori".