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Rimini, foto hard davanti all'altare: cinque a processo

Sette anni fa gli scatti dello scandalo nella chiesa di Montescudo: gli autori accusati di offesa alla religione

Foto hard davanti all'altare: 5 a processo

Rimini, 22 novembre 2022 - Passando davanti alla chiesa della Pace di Trarivi, nel luglio del 2015, gli abitanti della frazione di Montescudo erano rimasti senza parole. In piedi davanti all’altare due donne in abito da suora e con il rosario in mano si scambiavano un bacio carico di passione, mentre un prete alle loro spalle benediva l’unione. Una scena sconvolgente, almeno per la piccola comunità della Valconca.

In realtà si trattava solamente di un set fotografico. Suore e prete altro non erano che attori e figuranti scelti da un’artista faentino intenzionato a realizzare una mostra dedicato al rapporto tra sacro e profano.

La cosa però non era andata giù ai residenti di Montescudo, che senza pensarci due volte avevano chiamato i carabinieri. I militari dell’Arma si erano precipitati sul posto, accompagnati dall’amministrazione comunale. Il blitz si era concluso con la denuncia di quattro delle persone che avevano preso parte al set, incluso il fotografo faentino ideatore dell’iniziativa, difeso dall’avvocato Melissa Montanari.

Ebbene, a distanza di sette anni, quella vicenda che aveva creato scalpore in tutta la provincia sta per avere un epilogo anche dal punto di vista giudiziario, salvo eventuale decorso dei termini per la prescrizione. Gli imputati devono rispondere di due ipotesi di reato: violazione di domicilio e offesa a concessione religiosa (gli altri capi di accusa sono stati stralciati). La sentenza è attesa per il 27 gennaio.

Alla finestra ci sono il Comune di Montescudo–Monte Colombo e la parrocchia, che hanno deciso di costituirsi parte civile, affidando il mandato all’avvocato Samuele De Sio e riservandosi di presentare una richiesta di risarcimento per il danno di immagine che ritengono sia stato arrecato. L’autore degli scatti si era giustificato spiegando che non era minimamente sua intenzione offendere i fedeli e con loro la popolazione di Montescudo, ma soltanto realizzare opere d’arte.

La chiesa, a detta del fotografo e dei collaboratori, inoltre non era chiusa al pubblico ma facilmente raggiungibile passando dal prato sul retro. I legali del fotografo hanno poi rilevato l’incongruenza tra i capi d’accusa e in particolare sulla violazione di proprietà privata e di atti osceni in luogo pubblico. L’amministrazione comunale non aveva invece nascosto il proprio disappunto, sostenendo che fosse stata commessa una violazione di proprietà privata e parlando di una rappresentazione sconveniente. Nella delibera di giunta con cui si era deciso di dare mandato a un legale, l’amministrazione comunale faceva riferimento alla "gravità dei fatti commessi" e al "danno di immagine che ne è derivato per l’ente".