LORENZO MUCCIOLI
Cronaca

Finite le speranze . Morti i due dispersi: "Non riportarli a casa vivi è la nostra sconfitta"

Luca Perazzini e Cristian Gualdi recuperati purtroppo ormai senza vita . Rimasti bloccati a 2.700 metri di altitudine nel canalone della Valle dell’Inferno. I soccorritori li hanno trovati sotto la neve. Il decesso per assideramento.

Luca Perazzini e Cristian Gualdi recuperati purtroppo ormai senza vita . Rimasti bloccati a 2.700 metri di altitudine nel canalone della Valle dell’Inferno. I soccorritori li hanno trovati sotto la neve. Il decesso per assideramento.

Luca Perazzini e Cristian Gualdi recuperati purtroppo ormai senza vita . Rimasti bloccati a 2.700 metri di altitudine nel canalone della Valle dell’Inferno. I soccorritori li hanno trovati sotto la neve. Il decesso per assideramento.

Le facce scure, gli sguardi bassi. I portelloni si aprono e i soccorritori escono in un silenzio più gelido del ghiaccio dalla funivia che li ha riportati, stanchi e abbattuti, al campo base di Fonte Cerreto. Intorno si sente solo l’ululato del vento, che continua a sferzare il Gran Sasso anche se con meno violenza degli altri giorni. "Non riuscire a portare a valle delle persone vive per noi è una sconfitta", dice a denti stretti Daniele Perilli, presidente del Soccorso alpino e speleologico, impegnato dal 22 dicembre in una drammatica missione di salvataggio al fianco della Guardia della finanza e dei vigili del fuoco. Si sono concluse nel peggiore dei modi le ricerche dei due alpinisti di Santarcangelo, Luca Perazzini e Cristian Gualdi, rispettivamente di 42 e 48 anni, che la scorsa domenica erano rimasti bloccati a 2.700 metri di altezza in un canalone, dopo essere scivolati mentre scendevano dalla Direttissima al Corno Grande.

Il miracolo di Natale, nel quale tutta l’Italia ha continuato a sperare in questi giorni, purtroppo non si è avverato. I corpi senza vita dei due amici sono stati rinvenuti ieri mattina, sotto la neve, nella Valle dell’Inferno, quasi nello stesso punto che domenica sera era stato segnalato ai soccorritori da Luca e Cristian attraverso il Gps. In quota, per tutta la mattinata, hanno operato 35 uomini del Soccorso alpino, delle Fiamme gialle, dei vigili del fuoco. Per 5 giorni le forti raffiche di vento e la bufera, unita al pericolo di valanghe, hanno impedito ai mezzi di soccorso di alzarsi in volo.

Ieri per la prima volta il meteo ha concesso una tregua e così, sul Gran Sasso, sono decollati un elicottero dei vigili del fuoco e uno della Regione Abruzzo, per compiere una prima ricognizione nella Valle dell’Inferno. I soccorritori si erano dotati anche del sonar Recco per la ricerca dei dispersi, ma non c’è stato bisogno di utilizzarlo. Una sagoma - quella di Cristian - è stata avvistata durante il sorvolo in mezzo alle neve e poi raggiunta dalle squadre di soccorso. Il corpo di Luca è stato ritrovato dopo poco, qualche metro più in là. I due alpinisti, ha spiegato Paolo Passalacqua, comandante soccorso alpino della Guardia di Finanza dell’Aquila, "sono scivolati nella zona del vallone dell’Inferno e si sono fermati a una distanza che consentiva loro di parlare". Durante la caduta, uno di loro ha anche perso alcuni capi di vestiario ed è rimasto ferito.

Difficile dire per quanto tempo abbiano resistito, con temperature a che quell’altitudine durante la notte scendono al di sotto dei -10 gradi. Lo stesso Passalacqua - uno dei quattro finanzieri che già domenica sera aveva tentato di raggiungere i dispersi - aveva parlato di "condizioni meteo proibitive", del "rischio di ipotermia" e di un "mix letale" causato da "temperature rigide, forti raffiche di vento e accumuli di neve fresca". Tra domenica e lunedì, si erano poi interrotti i contatti telefonici tra gli alpinisti e i soccorritori. Fino al tragico ritrovamento avvenuto ieri.

Le salme, recuperate poco prima delle 14 e poi caricate a bordo dell’elicottero dei vigili del fuoco, sono state portate all’obitorio dell’ospedale ‘Mazzini’ di Teramo, a disposizione della magistratura che nelle prossime ore potrebbe disporre l’autopsia "Il luogo era davvero insidioso, ci sono stati 4 giorni di bufera, con raffiche a 140 km all’ora, ma la nostra missione è quella di portare le persone sane e salva a casa: quando questo non avviene è la peggiore sconfitta possibile", ha concluso il presidente del Soccorso alpino Perilli.