
di Giuseppe Catapano
È la fine di un incubo?
"Assolutamente sì".
Gianluca Valentini ha vissuto così il processo per il crac di Mercatone Uno, in cui era imputato. "Un incubo, appunto. Durato cinque anni, che ora finalmente è alle spalle. Ne sono fuori, sotto il profilo penale e civile. La vicenda è chiusa. Ora guardo avanti".
Come si sente?
"Sollevato. Sono grato ai miei legali e alla magistratura per quanto fatto in due gradi di giudizio".
Dopo l’assoluzione in primo grado, il pensiero era andato a suo padre Luigi, all’epoca dichiarato non processabile per motivi di salute. Ora?
"Lo stesso, anche stavolta ho subito pensato a lui. E naturalmente a me, all’incubo che ho vissuto, alla battaglia che ho dovuto portare avanti per dimostrare che la famiglia Valentini non c’entra nulla con le accuse che erano state mosse".
Quando ha saputo della sentenza della corte di Cassazione?
"Nella serata di venerdì. Intorno alle 23.30 ho ricevuto la telefonata di Paolo Righi, che oltre a essere il mio avvocato è anche un caro amico".
Cosa le ha detto?
"Gianluca, abbiamo vinto. Immagino che per lui sia stata una soddisfazione professionale e personale, per aver tolto un amico da un problema".
E per lei?
"Ero in trepidante attesa di quella telefonata. Avevo di fronte a me una foto di mio padre. L’ho guardata. Avrei voluto averlo con me in quel momento per condividere con lui questa soddisfazione".
Per altri quattro imputati, tra cui le figlie di Romano Cenni, il processo continua.
"E mi dispiace. Posso solo dire che noi abbiamo fatto di tutto per salvare Mercatone Uno. La nostra partecipazione era minoritaria, siamo entrati con il 20% arrivando poi al 30%. Non eravamo i primi decisori. E siamo stati fornitori dell’azienda, Industrie Valentini vantava crediti non riscossi da Mercatone Uno per quasi 10 milioni. Buona parte della debacle dell’azienda di famiglia è dovuta alla perdita registrata in seguito al concordato e poi al fallimento di Mercatone Uno".
Che rapporto ha con i Cenni?
"Un rapporto molto cordiale, anche se da un po’ non sento le figlie di Romano. Questo perché il concordato di Industrie Valentini, che è durato due anni, mi ha tenuto impegnato. Ho parlato con Susanna per l’ultima volta alla fine dell’anno scorso, Industrie Valentini ha fornito fino all’ultimo il punto vendita Mercatone a Toscanella di Dozza".
L’azienda che porta il nome della sua famiglia è stata rilevata all’asta da Marinelli.
"Il cambio di nome è imminente: quello sarà l’ultimo capitolo della storia di Valentini".
Le capita mai di passare davanti a un ex punto vendita di Mercatone Uno?
"Certo, abito non lontano da uno dei negozi che erano Rimini".
E che effetto le fa?
"Provo grande tristezza. È stato bruciato un valore che poteva essere salvato. Una grande opportunità persa: mi dispiace per come è terminata la storia di Mercatone Uno, con la parentesi Shernon e i lavoratori coinvolti in un’operazione inqualificabile. Cerco comunque di guardare avanti".
L’assoluzione definitiva cambia qualcosa per il suo futuro?
"Mi permette di riaccedere al cda di Neodecortech, di cui ero presidente. Mi sono dimesso quando è iniziata la vicenda giudiziaria, nel 2017, e non perché fossero venuti meno i requisiti di onorabilità necessari per un’azienda quotata, ma per una questione di decenza. Potrei rientrare, ci sto pensando, il cda attuale è in scadenza quest’anno, la possibilità c’è".
Un nuovo inizio, per lei, a 60 anni?
"Direi proprio di sì".