Le associazioni del commercio in rivolta contro la proposta di legge di Fratelli d’Italia, che vuole imporre la chiusura obbligata dei negozi nei giorni di Natale, Santo Stefano, Capodanno, Pasqua, Primo maggio e Ferragosto. "In linea di principio – premette Gianni Indino, presidente provinciale di Confcommercio – potremmo anche essere d’accordo. Ma siamo un paese che vive di turismo. Rimini è una terra di turismo. È impensabile che si possa applicare un divieto simile nelle località turistiche. Se si vuole dare un segnale ok, ma poi occorre guardare alle differenti realtà dei territori. Imporre la chiusura d’emblée è sbagliato. Ci siamo già passati, quando la Regione ci provò alcuni anni fa. Sappiamo com’è andata a finire".
Inoltre "una legge del genere favorirebbe ancora di più i giganti del commercio on line". Anche per Fabrizio Vagnini, presidente di Confesercenti Rimini, "questa legge, se varata, rischia di essere l’ennesimo regalo ai giganti del web e di penalizzare le attività delle realtà turistiche come la nostra. Le chiusure obbligate non farebbero che aumentare lo squilibrio della concorrenza, già troppo ampio, tra i negozi reali e quelli online". Sarebbe quasi una condanna a morte "per il commercio di vicinato, in forte crisi già da un decennio". Inoltre "i tanti turisti che visitano le nostre località in occasione delle festività, troverebbero serrande abbassate e luci spente: non certo la cartolina ideale da offrire agli ospiti".
La Cgil, che da anni si batte per le chiusure obbligatorie dei negozi nei giorni festivi, ’benedice’ invece la proposta di legge. "La nostra posizione è chiara – dice Francesco Guitto, segretario della Filcams Cgil di Rimini – È da anni che lottiamo contro la deregolamentazione delle aperture delle attività commerciali, con la campagna La festa non si vende e le varie iniziative. Siamo da sempre contrari all’apertura dei negozi nelle giornate festive, per le ripercussioni negative sul benessere dei lavoratori. La liberalizzazione varata dal governo Monti non ha fatto altro che concentrare gli incassi delle attività commerciali nei festivi e nei weekend, senza produrre valore aggiunto". Per la Cgil la strada è giusta "ma andrebbe imposta la chiusura anche in altri festivi. Balza all’occhio come sia rimasto escluso il 25 aprile".