
Stanislao Porrini con la moglie dopo l’intervento eseguito al ‘Ceccarini’
Riccione, (Rimini), 3 ottobre 2016 - Dopo otto anni di cecità, da tanti oculisti ritenuta irreversibile, e quindici operazioni, ha riacquistato la vista grazie al duplice intervento effettuato all’ospedale di Riccione dal primario Luca Cappuccini. Stanislao Porrini, 70 anni, abruzzese, a pochi giorni dal provvidenziale intervento, è ancora incredulo davanti ai colori che non vedeva più. Merito sicuramente del chirurgo e della sua tenacia, mantenuta viva nonostante le avvilenti diagnosi.
Porrini, affiancato dall’inseparabile moglie e dai fratelli Stefano e Roberto Conti dell’Hotel Gemma, dove ha alloggiato, racconta il suo calvario, mentre guarda il mare sorridendo.
Signor Porrini, perché ha deciso di venire a Riccione?
«Sono arrivato qui perché ho fiducia nel dottor Cappuccini. Ho deciso di farmi operare da lui, dopo essermi inutilmente sottoposto a svariate visite in diverse città d’Italia e dopo essermi rivolto a tanti medici. Nessuno è stato in grado di risolvere il mio problema, si sono arresi tutti. Dopo quindici interventi, a Milano mi hanno detto che l’unica soluzione era l’asportazione del bulbo oculare».
Perché questa soluzione estrema?
«Perché dopo un semplice trapianto di cornee, un occhio mi ha fatto infezione. Mi sono quindi messo alla ricerca di Cappucini, che avevo già avuto occasione di conoscere e lui mi ha consigliato di tenare quest’ultima operazione».
Lei non ha gettato la spugna?
«No. Il 15 aprile mi sono sottoposto all’intervento dell’occhio sinistro. Cappuccini me l’ha ricostruito con delle protesi e ha trapiantato la cornea, così ho cominciato a vedere un po’, un sessantesimo. E’ stata la prima conquista, perché prima non vedevo nulla. Il 27 settembre mi sono fatto operare all’occhio destro, altro trapianto di cornea. Non posso leggere, spero di migliorare, ma ora vedo i colori, le persone, quello che c’è intorno e questo per me è eccezionale».
A cosa era dovuta la sua cecità?
«A ulcere corneali, causate da un rigetto di due trapianti di cellule staminali, uno autologo e un altro compatibile da mia sorella. Li avevo effettuai per un carcinoma, dopo diverse chemioterapie. Mi si sono così distrutti gli occhi».
Quale è stata la prima sensazione che ha provato?
«Una gioia immensa. Non immaginate quanto sia importante parlare con una persona e poterla vedere. Non c’è malattia peggiore della cecità. Avevo sempre le gambe piene di lividi, perché andavo a sbattere ovunque».
Per fare le cose più elementari, come una semplice passeggiata, come faceva?
«Dovevo essere sempre accompagnato».
Prima che arrivassero tutti questi guai, com’era la sua vista?
«Ottima, avevo 10 decimi sui dieci, tant’è che guidavo i pullman. Poi otto anni fa ho cominciato a vedere sempre meno, fino alla cecità totale, quattro anni fa. Posso dire che per me è come rinascere un’altra volta».
Che cosa vuole fare come prima cosa?
«Adesso torniamo a casa, ma voglio ritornare a Riccione non più come paziente ma come turista, per una bella vacanza, ho fatto una camminata sulla spiaggia e ho visto strutture meravigliose che voglio rivedere meglio, adesso che i miei occhi non vedono più solo ombre».