Rimini, 25 ottobre 2024 – Quella di Louis Dassilva è una “mentalità che non conosce limiti alle proprie possibilità di azione e che contempla come possibile la soppressione di una vita umana se questa ostacola un suo piano”.
Lo scrive il giudice Mazzino Barbensi, presidente del collegio del tribunale del Riesame di Bologna a cui la difesa di Louis Dassilva, gli avvocati Riario Fabbri e Andrea Guidi, avevano presentato il ricorso contro l’ordinanza cautelare emessa dal gip, Vinicio Cantarini per l’omicidio di Pierina Paganelli.
Dassilva è in carcere dal 16 luglio ed è l’unico indagato dal sostituto procuratore Daniele Paci, per l’omicidio della 78enne avvenuto il 3 ottobre del 2023 nel garage del condominio di via Del Ciclamino. Nelle 33 pagine delle motivazioni, il tribunale del Riesame di fatto blinda l’impianto accusatorio a carico del 34enne senegalese, avallando buona parte delle conclusioni a cui erano giunti gli investigatori della squadra mobile di Rimini, guidata dal commissario capo Marco Masia.
Contro Dassilva, secondo il Riesame, sussistono gravi elementi, a cominciare “dall’idenficazione del senegalese come l’ignoto ripreso dalla cam 3” della farmacia San Martino alle 22.17 della sera del delitto. A ciò si aggiungono “i depistaggi effettuati dall’indagato, il movente dell’omicidio”, che è da ricercare nella relazione extraconiugale tra Louis e la nuora di Pierina, Manuela Bianchi. Altri elementi, sostiene il Riesame, sono “l’altezza del presunto assassino e le modalità esecutive, la mancanza di alibi, la compatibilità delle tempistiche con la dinamica dell’omicidio, l’assenza di estranei al condominio, in particolare di pigmentazione scura, l’addestramento militare dell’indagato” (che ha un passato nella Gendarmeria senegalese), “la possibilità per Dassilva di acquisire informazioni utili per sorprendere la vittima da sola, la circostanza che la mattina dopo la scoperta dell’omicidio l’indagato si recò a suonare ad un’unica condomina”, ovvero colei che la sera precedente aveva fatto rientro a casa insieme a Pierina dall’incontro di preghiera dei testimoni di Geova.
In partcolare, per quanto riguarda il filmato della telecamera, ritenuto essere la prova regina dagli inquirenti, ci sono due circostanze che suggeriscono una corrispondenza tra Dassilva e la sagoma nel filmato: “la compatibilità del movimento di spalla e braccio destro e la pigmentazione scura della pelle”. Il tecnico, precisa il tribunale, “coglie un marcato movimento della spalla destra che giunge ad un’estensione di 40° che non è comune, posto che la estensione massima di un soggetto normale è di 30°”. Contro queste conclusioni, la difesa ha ipotizzato che la figura immortalata potesse essere quella di un altro condomino, producendo una consulenza, che tuttavia secondo il tribunale “non convince”. Nelle motivazioni il Riesame non lascia spazi di manovra alla difesa di Dassilva e conferma passo passo l’ordinanza di Rimini elencando gli indizi di colpevolezza ad iniziare dall’alibi. “L’alibi - dice il Riesame - proviene da una persona (la moglie di Dassilva, Valeria Bartolucci, ndr) che non è in grado di dare sufficienti rassicurazioni a riguardo della sua attitudine a dire il vero. Tale conclusione non discende dalla mera circostanza che la Bartolucci sia la moglie dell’indagato, ma da condotte concretamente tenute dalla stessa sia nei confronti del marito, sia nei confronti dell’indagine”. La difesa ha inoltre cercato di spostare l’attenzione su altri possibili sospetti, come Manuela, evidenziando alcuni suoi comportamenti sospetti. Tuttavia, la corte ritiene poco probabile che la Bianchi “possa essere l’autrice materiale del delitto”. I rilievi della difesa, d’altra parte, “potrebbero al più suggerire che possa essere stata a conoscenza e magari concorrente morale dell’omicidio”.