REDAZIONE RIMINI

Carim, niente ribaltoni. La corte d’Appello conferma l’assoluzione dei vertici della banca

Tra gli ex amministratori a processo c’erano il presidente Giuliano Ioni, il direttore Alberto Martini e il vice Claudio Grossi: erano accusati di associazione a delinquere finalizzata a false comunicazioni sociali.

Tra gli ex amministratori a processo c’erano il presidente Giuliano Ioni, il direttore Alberto Martini e il vice Claudio Grossi: erano accusati di associazione a delinquere finalizzata a false comunicazioni sociali.

Tra gli ex amministratori a processo c’erano il presidente Giuliano Ioni, il direttore Alberto Martini e il vice Claudio Grossi: erano accusati di associazione a delinquere finalizzata a false comunicazioni sociali.

Nessun ribaltone. La terza sezione penale della Corte d’Appello di Bologna ha di fatto confermato l’assoluzione degli ex vertici di banca Carim già sancita dal tribunale di Rimini nel febbraio del 2018 ("perché il fatto non sussiste"), dichiarando inammissibile l’appello del pm per due capi di imputazione. Si è conclusa così, al termine di una camera di consiglio durata più di due ore e mezzo, l’udienza nata a seguito del ricorso presentato dal pubblico ministero Luca Bertuzzi (che nel processo di primo grado aveva chiesto una condanna a 18 mesi per tre dei 19 imputati) insieme alle parti civili (il comitato dei piccoli azionisti, rappresentati dall’avvocato Davide Lombardi). Tra gli ex amministratori a processo c’erano l’ex presidente Giuliano Ioni (difeso dall’avvocato Cesare Brancaleoni), Alberto Martini (avvocato Alessandro Pistochini) e Claudio Grossi (avvocati Elio Giannangeli e Federico Consulich), che erano rispettivamente direttore e vice direttore generale, accusati di associazione a delinquere finalizzata a false comunicazioni sociali e illecita restituzione dei conferimenti, e i membri del vecchio consiglio di amministrazione accusati di falso in bilancio. Assolti – al pari di Ioni, Martini e Grossi – anche Franco Paesani (difeso dall’avvocato Alessandro Catrani); ’Richard’ Di Angelo e Claudio Semprini Cesari (avvocati Alessandro Catrani e Nicola Mazzacuva); Raffaele Mussoni (difeso da Marco Boldrini); Ulderico Vicini (avv. Giovanni Boldrini); Roberto Ferrari (avv. Marco Boldrini); Mauro Ioli (avv. Giovanni Boldrini); Vincenzo Leardini e Fabio Bonori (avvocati Giampaolo Colosimo e Giovanni Boldrini); Bruno Vernocchi (avv. Giulio Basagni), Gianluca Spigolon (avvocati Massimo Cerbari e Gabriele Bordoni), Giancarlo Mantellato (avv. Massimo Pasquinelli); Gianfranco Vanzini (avv. Giovanni Vanzini); Attilio Battarra (avv. Piero Gualtieri); Luciano Liuzzi (avv. Giovanni Boldrini).

"Siamo molto soddisfatti per l’esito del processo di Appello – dichiarano gli avvocati Catrani e Mazzacuva – che ha confermato l’assoluzione dichiarata a suo tempo dal tribunale di Rimini grazie al lavoro di ricostruzione fattuale e valutazione tecnica svolto dai consulenti tecnici delle parti e dai periti d’ufficio che ha permesso di accertare la assoluta inconsistenza di accuse apparse, peraltro, fin da subito destituite di ogni fondamento e, purtroppo, infamanti". Dichiara l’avvocato Basagni: "Esprimo soddisfazione per la conferma dell’assoluzione già ottenuta in primo grado: anche per la Corte d’Appello, non c’è stato alcun falso in bilancio, motivo per cui le impugnazioni sono state tutte rigettate. Non vedo l’ora di leggere le motivazioni ma a mio modo di vedere i numeri sviluppati nella perizia e l’analisi dei verbali dei cda hanno documentato che tutti gli amministratori hanno sempre operato correttamente". Il processo ruotava attorno all’inchiesta condotta dalla Guardia di finanza a seguito del commissariamento della banca, iniziato nell’ottobre del 2010.

L’indagine delle fiamme gialle aveva scosso nelle fondamenta la banca per antonomasia della città e i suoi ex vertici, prima dell’acquisizione nel 2017 da parte del Crédit Agricole. Secondo la tesi dell’accusa, i vertici di Carim – tra il 2009 e il 2010 – non avrebbero inserito a bilancio tra le perdite crediti ormai deteriorati per quasi 80 milioni di euro. Da qui il reato contestato di false comunicazioni ai soci della banca. Determinante, anche in occasione del processo di primo grado, la perizia che aveva escluso il superamento della soglia di punibilità penale (10 per cento) in relazione al bilancio 2009 e non considerato punibile l’acquisto delle azioni proprie. Il comitato dei piccoli azionisti non si dà per vinto: "Valuteremo il ricorso in Cassazione. E resta praticabile l’azione in sede civile", per chiedere il risarcimento danni.

Lorenzo Muccioli