Una strada per Zanza? "Prima Rimini riscopra la sua storia più antica"

Ferruccio Farina: "La città torni a volare alto e a valorizzare i suoi tesori"

Maurizio Zanfanti, in arte ’Zanza’, con alcune ammiratrici (foto Migliorini)

Maurizio Zanfanti, in arte ’Zanza’, con alcune ammiratrici (foto Migliorini)

Rimini, 9 agosto 2023 – Che il bravo Zanza meriti il nome di una strada, come richiedono sua mamma e un nascente movimento di intellettuali, è fuor di dubbio. Nulla di ’gabbietto’, per dirla in lingua autoctona: la sua mitica figura e i suoi valori sono la coerente declinazione della linea dei nostri decisori per guidarci alla meta di capitale della cultura 2026: “Vin olta”, “Vieni oltre”.

Affidare idealmente al suo vigore il richiamo gridato al mondo dalle colline di Sant’Ermete, è quanto di più efficace si possa ideare in questi tempi di orgoglio cittadino. Maurizio Zanfanti, in arte Zanza, è da tempo una case history per sociologi.

Tre letture, tra le tante, ci spiegano perché Zanza deve essere innalzato a vessillo delle strategie della Riviera.

La prima, di prospettiva storica, vede in lui il vendicatore dei tedeschi invasori degli anni ’40: con i suoi colpi d’amor potente ha steso le loro donne che sono calate qua a torme per immolarsi. La seconda riguarda i diritti di genere: con lui, il sublime prototipo del ‘maschio oggetto’ e strumento di piacere, le femministe possono testimoniare una meritata inversione di ruoli. La terza riguarda il grande esempio di civiltà che lascia con le seimila donne che ha reso felici: mai una discriminazione di colore, religione, cultura o bellezza. Generoso con tutte alla stessa maniera.

Perché quindi, con Zanza & c., Rimini dovrebbe dedicare strade, ad esempio, a tipi come Gaetano Urbani, non solo progettista del mitico Kursaal (1873) ma anche, insieme a Mantegazza e a una coraggiosa municipalità, della straordinaria ‘città dei bagni’ dei cui benefici ancora viviamo? Oppure alla bellissima irlandese Elisabeth Kenny, la prima bagnante straniera a Rimini, e forse in Italia, di cui si ha memoria provata (era il 1790), che certificherebbe così uno dei nostri tanti primati? Oppur a Gerardo Filiberto Dasi, che con il suo ‘Pio Manzù’ ha portato a Rimini il mondo, con personaggi come Gorbaciov, Bush e Lady Diana. Ma che storie sono queste!

"La storia siamo noi!" è il mantra delle ultime amministrazioni che hanno inebriato non pochi cittadini a colpi di scena e di carnevali. E Rimini, che si è candidata a capitale della cultura del 2026, ha già reagito e con inaspettati fermenti. Loris Stecca è riuscito ad accasare Rocco Sifredi. Simona Ventura sta illuminando la Riviera, ospitando al Grand Hotel i miti dello starsystem, tra cui Anson Williams della serie Happy Days. Non mancano poi dibattiti su temi strategici. La Notte Rosa va gettata o rinnovata? Chiringuito sì o chiringuito no? Claudio Cecchetto o Orietta Berti? Non mancano mostre internazionali, come quella di Edward Hopper alla Gambalunga, fatta di pannelli di plastica. Insomma, a Rimini la qualità non manca.

Zanza incolpevole a parte, ciò che sembra accadere dalle nostre parti, più che altrove, è un drammatico fenomeno di ‘presentificazione’ della storia all’insegna de "La storia siamo noi!". Vogliamo sperare che il carnevale ormai consunto che ancora imperversa abbia fatto sopire, solo temporaneamente, i geni che hanno guidato le nostre fortune per quasi due secoli: il coraggio di cambiare e di migliorare, senza imitare mode estranee al nostro Dna il nostro saper essere ospitali e, soprattutto, la capacità di progettare il futuro volando alto. Vogliamo anche sperare, anzi crediamo proprio, che i coriandoli e i frastuoni abbiano solo offuscato, senza intaccarli, i punti magici del nostro Dna che hanno fatto la nostra storia: la spiaggia, impareggiabile spazio di libertà tra terra e mare; la storia e l’arte, con in testa il Tempio malatestiano, scrigno di tesori; l’entroterra fascinoso per natura e miti, parte integrante della nostra grande città.

Per rispondere all’affabulazione dei fabbricatori di storia basta allora qualche domanda a caso. Dov’è la spiaggia senza sballi da godersi 24 ore su 24 e per 12 mesi all’anno? Perché si arriva prima a Tirana piuttosto che a Montefiore o San Leo? Cari noi, quando si vuol guidare alla meta una macchina potente come la nostra magica e nobile Riviera, non basta imbellettarne la carrozzeria... Anche se oggi, peraltro, pare già difficile aver chiara la meta ove condurla. Per il momento sorbiamoci il "Vieni oltre"! Ma mai disperare.

Ferruccio Farina, storico del turismo