Rimini, 20 gennaio 2016 - Sei brutta, fai schifo, hai un fisico orrendo, ti vesti come un cane, sei una p..., nessun ragazzo si metterà mai con te». E poi un diluvio di oscenità irriferibili, accompagnate da offese e insulti anche molto più pesanti di quelle citate, hanno portato a una ragazza delle superiori sull’orlo di una grave crisi d’identità, ‘costringendola’ prima a rivolgersi a una psicologa, poi a denunciare i suoi persecutori - tutti compagni e compagne di classe, alcuni dei quali con elevati livelli di rendimento scolastico - e infine a cambiare istituto.
Le aggressioni - proseguite per quasi un anno - avvenivano sia su un social network, in forma anonima, sia attraverso iPad e telefono cellulare, con sms e telefonate con voci contraffatte. Neppure il sostegno di genitori e insegnanti è servito a far desistere i bulli dalla persecuzione nei confronti della ragazza. Non l’unica - nel mirino del ‘branco’ erano finite anche altri giovani, ragazze e ragazzi - ma quella oggetto degli attacchi più pesanti, e che ha sofferto maggiormente della progressiva emarginazione cui veniva costretta. Nel periodo della persecuzione subìta da parte dei cyberbulli la ragazza ha visto diminuire fortemente il proprio rendimento scolastico, cadendo in uno stato di grave prostrazione.
Alla fine è stata la stessa ragazza, che chiameremo ‘Katia’, a decidersi, anche su indicazione della psicologa che l’aveva presa in cura, a sporgere denuncia alla polizia municipale di Rimini. E’ seguita l’apertura di un fascicolo alla Procura della Repubblica e alla Procura della Repubblica presso il tribunale dei minori, sono scattate le indagini degli agenti, guidati dal commissario Carla Tavella.
Le intercettazioni telefoniche hanno portato in breve tempo all’individuazione degli aguzzini. Ugualmente, gli agenti sono arrivati all’identificazione degli autori dei pesanti messaggi ‘postati’ sulla bacheca personale della ragazza, su un social di ‘manica larga’ rispetto all’anonimato degli iscritti. I messaggi di insulti venivano inviati in diversi orari, spesso in forma collettiva da parte dei giovanissimi stalker.
Ad esempio, in occasione di serate in qualche locale, questi chiedevano in prestito il cellulare a un amico con la scusa di avere scarico il proprio, utilizzandolo per compiere le ‘bravate’. Gli inquirenti hanno dovuto scremare le posizioni di alcuni ragazzi coinvolti ma assolutamente estranei agli episodi di bullismo.