Riccione, 31 maggio 2024 – Fausto, il padre, lo chiama il ‘Fattore C’, per dare un nome alla capacità di affrontare la malattia e a una forza che non aveva mai visto. C sta per Carlo Della Gatta, suo figlio, un ragazzino di appena 12 anni che i primi giorni di gennaio ha cominciato ad accusare dolori quando correva con i compagni sul campo di calcio della Riccione 1926.
"Ricordo che il 13 gennaio Carlo piangeva dal dolore – racconta il padre –. Non lo aveva mai fatto, ma quel giorno non riusciva a muoversi". Da lì alla corsa in ospedale passò poco tempo. "Si pensava ad una appendicite, ma quando i medici sono intervenuti hanno trovato linfomi del 3° e 4° grado, in stato avanzato". Quel giorno è cambiato tutto. Niente allenamenti e niente scuola, ma una stanza all’Infermi dove iniziare la battaglia contro la malattia.
La speranza è sempre rimasta forte, ma la montagna da superare era altissima per un ragazzino di appena 12 anni. Da quei giorni sono trascorsi meno di cinque mesi e mercoledì Carlo si è ripresentato sull’erba del campo con i compagni di squadra che lo hanno investito di tutto l’affetto covato per mesi, in attesa di un suo ritorno. Per settimane non hanno mai smesso di inviargli messaggi ogni giorno, di chiamarlo quando era possibile, di fargli capire che c’erano e lo aspettavano. Intanto cresceva il Fattore C. "Lo chiamo così – riprende il padre – perché conoscevamo nostro figlio, ma in questa esperienza ha manifestato una profondità nell’affrontare la malattia che è stata incredibile per l’età che ha. Si è sorpresa e commossa anche la psicologa. Ci ha fatto vedere il mondo con occhi diversi".
Nel reparto dove era ricoverato e dove affrontava i cicli di chemioterapia c’erano altri ragazzini. "Era normale che si lamentassero. Chi non lo farebbe se non puoi uscire, stai male e sei in ospedale? Ma Carlo ha accettato quello che gli stava accadendo, è rimasto sereno durante tutto il periodo difficile delle cure. Un giorno ci ha detto, con molta calma, ‘io ce l’ho messa tutta, vediamo come va’". Passa il primo ciclo e finisce anche il secondo dei quattro previsti "con la malattia che regredisce, sorprendendo anche i medici, grazie alla risposta del suo sistema immunitario". Nel frattempo gli amici non lo mollano. Continuano a chiamarlo. Anche la società fa la stessa cosa e organizza una videochiamata con Domenico Berardi, giocatore del Sassuolo calcio con cui è legata la Riccione 1926, e della nazionale.
Oggi, dopo avere terminato le cure, Carlo ha vinto la propria battaglia ed è tornato su quel rettangolo di gioco. Si è presentato ai compagni con la maglia del 10 del Sassuolo, con la firma dello stesso Berardi, avvolto nell’abbraccio degli amici. I mesi difficili sono alle spalle, ma "è davvero stato incredibile affrontare tutto questo con Carlo. Ha accettato la vita, anche nei momenti più bui, e ne è uscito".
Potrà tornare ad allenarsi. In agosto è atteso sul campo per dare di calcio al pallone. Intanto "ha vinto la sua Champions League con una prova di forza e carattere mai vista. Carlo è diventato il nostro eroe e noi siamo stati la sua curva facendo in questi mesi sempre il tifo per lui" scrivono dalla società. "In tutte queste settimane Carlo ci ha insegnato il valore della vita, dell’amore che abbiamo letto negli occhi dei suoi genitori e dell’amicizia che ha saputo con questa esperienza trasmettere e rinforzare. Il peggio è alle spalle, oggi splende il sole e tra poche settimane tornerai ad allenarti con noi, in mezzo al campo c’è bisogno di te".