Bellaria (Rimini), 9 novembre 2024 – Quando i carabinieri sono entrati in quell’appartamento di Bellaria, lo hanno trovato legato al termosifone con una lunga catena di ferro stretta attorno alla caviglia. Secondo quanto ricostruito, lui un 43enne, aveva trascorso in quelle condizioni tutto il giorno e forse anche quello precedente, come un cane, anzi peggio. A tenerlo segregato in quel modo inumano era stato il suo padrone di casa, un 50enne, di professione cuoco stagionale, che al momento si trova in carcere, difeso dall’avvocato Thomas Russo, accusato di maltrattamenti e denunciato a piede libero per sequestro di persona e possesso di droga.
Nonostante fosse incatenato al termosifone, il 43enne è riuscito comunque a impossessarsi di un’agendina e a scriverci sopra una richiesta di soccorso. “Aiuto! Aiuto! Mi tiene prigioniero legato ad una catena. Chiamate il 112”. Poi l’ha lanciata dalla finestra facendola cadere nel cortile di fronte. A trovarla è stata proprio sua cugina, che abita nella casa confinante e che è corsa subito a raccontare tutto ai carabinieri. I militari dell’Arma hanno così bussato alla porta dell’appartamento trovandosi davanti ad una scena degna di un film dell’orrore, con il 43enne immobilizzato da quella catena di ferro.
Secondo quanto emerso, si tratterebbe di una ritorsione per delle questioni economiche in sospeso tra il 50enne e il 43enne, suo coinquilino. I due vivevano sotto le stesso tetto dal 2022, quando il cuoco aveva accolto in casa l’altro uomo, offrendogli una sistemazione senza però chiedere il pagamento dell’affitto, ma solo della spesa e delle bollette. Negli ultimi tempi i rapporti si erano notevolmente incrinati, tanto che i litigi erano quasi all’ordine del giorno. Stando all’indagine, tuttavia, il 50enne avrebbe costretto il suo ospite a sottostare ad una serie di soprusi, maltrattamenti e vessazioni sempre più violente e crudeli.
Il malcapitato, che in passato ha avuto problemi di alcolismo, ha raccontato che veniva picchiato, quasi ogni giorno, dal padrone di casa, con bastoni, cinghie, catene e addirittura fili elettrici. Una volta, stando a quanto riportato nella denuncia fatta ai carabinieri, il 43enne sarebbe stato colpito persino con un attizzatore da camino ancora rovente, cosa che gli avrebbe causato un’ustione di cui porta ancora i segni sul corpo. Un’escalation tremenda, accompagnata da insulti irripetibili e da minacce di morte, come quella di rompergli le ossa, e da forme di prevaricazione e assoggettamento psicologico al quale il 43enne, persona fragile, non riusciva in alcun modo ad opporsi. Negli ultimi tempi, il 50enne avrebbe incominciato a imporre regole sempre più stringenti al suo coinquilino, vietandogli ad esempio di uscire di casa o di incontrare la sua fidanzata o altre persone, sfruttando la debolezza caratteriale dell’altro uomo.
Fino ad arrivare all’atto più estremo: quello di imprigionarlo al termosifone con una catena. Il 43enne sarebbe rimasto in quello stato per almeno uno o due giorni, con una breve pausa, durante la quale gli è stato concesso di uscire di casa per andare alle poste a sbrigare una commissione. Durante la perquisizione, i carabinieri hanno ritrovato anche alcune dosi di cocaina, denaro in contante e una pistola a salve. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al gup di Rimini, il 50enne ha negato categoricamente di aver sequestrato o imprigionato il coinquilino. Ha però ammesso l’esistenza di dissapori, dovuti anche a questioni economiche, parlando di una convivenza difficile caratterizzata anche da aggressioni fisiche reciproche. Il suo avvocato, Thomas Coppola, ha chiesto per lui gli arresti domiciliari in casa della madre. Il giudice si è riservato la decisione.