
"Attilio, il mio papà folle ma così speciale"
Nella sua vita ha posseduto tante cose, anche preziose, ma a chi gli chiedeva quali fossero i suoi gioielli, senza tentennare rispondeva: le mie figlie. Di fatto Attilio Cenni, morto lunedì sera a 73 anni, per le sue Elisa, Valentina, Margherita, Giulia e Maria, come per la nipote Dora, stravedeva, erano il suo orgoglio, un vanto anche per la strada intrapresa da ognuna di loro. Per tutte nutriva un amore viscerale, come quello coltivato per la sua città. Ne parla, svelando anche altri aspetti nascosti, Valentina Cenni, l’attrice e cantante moglie di Stefano Bollani, stretta alle sorelle anche in questo momento di dolore.
Attilio è stato un papà speciale?
"Per noi ha fatto l’impossibile. Quando lo chiamavamo, lasciava da parte qualsiasi cosa stesse facendo. Ci ha abbracciato e baciato fino alla fine. Ha creato un archivio video fotografico familiare impressionante, fin da quando eravamo piccole. Voleva fermare ogni attimo della nostra vita per ricordarlo per sempre. Aveva un’anima sensibilissima, commovente e pura come quella di un bambino".
Tra le sue abitudine ce n’era una particolare?
"Da anni ogni mattina, come un artista, girava un video in spiaggia che mandava con messaggi di buongiorno a una lista di 150 donne. Era contento, perché in molte rispondevano, con altre andava a prendere un caffè o a fare una passeggiata. Ogni giorno era felicissimo di alzarsi e di andare al mare. Già da ragazzo nostro padre faceva foto, una passione che ha trasmesso anche a me e a mia sorella Elisa, da piccole ci ha regalato una macchina fotografica. Aveva uno spirito artistico, che trapelava anche dalle sue idee esagerate, folli e visionarie, magari non le realizzava, ma vedeva le cose in grande. Il puntare sempre in alto, è stato importante anche nella mia vita. E’ il coraggio di osare e lui osava. Ogni cosa che desiderava fare, la faceva buttandosi con grande temerarietà".
Cosa ricorda di lui?
"E’ stato curioso fino all’ultimo istante, in modo esagerato. Ricordo quando, anche un paio di volte all’anno, portava noi sorelle a fare dei viaggi, a New York, poi a Miami, ai Caraibi, era instancabile. Ci faceva vedere i migliori ristoranti, voleva visitare i musei e gli hotel più belli. Aveva una gran fame di vita, commovente. Per lui era tutto un gioco. Anche quando gli si chiedeva come stai, rispondeva: chi sta meglio di me? Io ho tutto, ho delle figlie stupende, vivo a Riccione, vado in mare con la mia barca, che altro si può desiderare? Era poi un grande oratore. Durante le tavolate amava raccontava storie e aneddoti. Per noi sorelle è stato un’ispirazione nel godere della meraviglia del miracolo della vita. Voleva che tutti stessero bene e fossero felici, tant’è che ha sempre fatto tantissimi regali. Era un generoso, lo si è visto anche con la donazione delle cornee, un continuo abbraccio, dava amore a tutti, senza differenze, amava riunire la gente e fare tribù".
Così è stato fino alla fine?
"Con questo spirito ha affrontato la gravissima malattia, scoperta da diversi mesi. Non si è mai lamentato un secondo, non si è mai pianto addosso o ha mostrare le sue paure. Nonostante tutto andava in discoteca, si divertiva, incontrava gente. Fino a due settimane fa ha cercato di di vivere il presente al massimo con la gioia nel cuore, nonostante le terapie. Fino pochi giorni fa è stato l’uomo più felice del mondo".
Nives Concolino