REDAZIONE RIMINI

Antonelli morto dopo la caduta in bici. Scontro sulla condotta del ciclista

Chiesta la condanna dei responsabili della Firenze Viareggio, in cui il sammarinese fece un grave incidente .

Michael Antonelli

Michael Antonelli

Michael Antonelli era una promessa del ciclismo. Qualcuno lo definiva "il dopo Pantani". Aveva solo 19 anni l’atleta di San Marino, tesserato per la Mastromarco Sensi Nibali di Lamporecchio, quando rimase coinvolto in uno spaventoso incidente, durante la 72esima edizione della Firenze Viareggio del 15 agosto 2018, nella discesa del Monte Oppio, sulla Regionale 66, a Limestre. Il ragazzo stava affrontando una curva stretta quando davanti a lui, all’improvviso, si aprì una porzione di strada di 28,60 metri, senza alcuna protezione. Fu in quel tratto che precipitò nel dirupo. Da quel momento non si riprese più: il trauma encefalico riportato gli fece perdere qualsiasi autonomia e rimase in uno stato vegetativo. Sua madre lo assistette per 841 giorni, fino alla sua morte, avvenuta 3 dicembre 2020 per insufficienza respiratoria acuta da Covid in un soggetto ormai fragile, dopo continui ricoveri.

Per quella morte il pm Leonardo De Gaudio, che ha diretto le indagini dei carabinieri, ha chiesto la condanna a due anni per Rodolfo Gambacciani 72 anni, di Prato, quale direttore di gara e Gian Paolo Ristori, 82 anni, di Firenze, presidente della società organizzatrice As Aurora, entrambi accusati di omicidio colposo. Corpose le richieste di risarcimento danni avanzate dagli avvocati di parte civile, in favore della madre Marina Mularoni, del padre Luca e del fratello Mattia, difesi dagli avvocati Fiorenzo e Alberto Alessi e Flavio Moscatt di Rimini.

Ieri mattina, davanti al giudice Pasquale Cerrone, a prendere la parola sono stati gli avvocati difensori, l’avvocato Lorenzo Cannata, in sostituzione della collega Claudia Bechi per Unipol Sai (responsabile civile) e l’avvocato Nuri Venturelli, legale della Federazione ciclistica italiana, che hanno chiesto l’assoluzione per gli imputati. Due i nodi fondamentali sui quali la difesa ha concentrato la discussione: la violazione dell’obbligo di prudenza da parte del giovane atleta, che avrebbe affrontato la curva ad una velocità vicina agli 80 km orari, in un tratto dove, per tutti il limite è a 50. "I corridori – ha spiegato l’avvocato Venturelli – sono tenuti al rispetto delle regole per la loro incolumità. Una condotta che ha portato l’atleta a commettere un errore di traiettoria nell’affrontare la curva, dove altri prima di lui erano caduti". Quanto alla morte, avvenuta due anni dopo, secondo l’avvocato Venturelli: "Il Covid è da ritenersi un elemento che ha interrotto il nesso di causalità diretta tra l’evento traumatico e la morte". Infine, l’avvocato ha allegato alla memoria difensiva una richiesta di archiviazione accolta dal Tribunale di Lecco per un caso simile avvenuto nel 2006. Sulle richieste di risarcimento dei danni, l’avvocato della Unipol Sai ha spiegato che esse non possono sussistere, "questo non rientra nei casi di responsabilità civile obbligatoria per legge. E per questo non è ammessa l’azione diretta del danneggiato sull’assicuratore del danneggiante". La sentenza è attesa per il 13 dicembre.

Martina Vacca