Un’antica anfora di origine greco-romana (la datazione al momento è ancora incerta) finita per sbaglio nelle reti di un peschereccio e poi, dopo alcuni passaggi di mano, nello scantinato di un ristoratore riminese. Che adesso si ritrova seriamente nei guai dopo essere stato denunciato dalle forze dell’ordine per ricettazione di beni culturali. Reato punito severamente con potenziali condanne fino a 10 anni di reclusione e una multa che può arrivare a 15mila euro, nel caso in cui dovesse essere dimostrato il suo coinvolgimento nella vicenda. L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Rimini, ha visto coinvolte la Sezione di polizia marittima della Capitaneria di porto e la stazione navale della Guardia di finanza, a seguito di alcune voci che parlavano del ritrovamento in mare di un reperto archeologico da parte di un peschereccio. Secondo le informazioni raccolte, l’anfora sarebbe rimasta impigliata nelle reti da pesca, ma invece di denunciare il ritrovamento alle autorità, i pescatori avrebbero consegnato il reperto al ristoratore. E così, anziché fare bella mostra di sé in un museo di storia antica, il vaso era finita nell’abitazione di un privato, che la custodiva gelosamente per sé.
Quei rumors circolavano tra le banchine del porto di Rimini già dalla fine del mese di agosto. Inevitabilmente sono giunti fino alle orecchie della Guardia costiera e dei finanzieri. Che, naturalmente, hanno voluto vederci chiaro. Le forze dell’ordine hanno quindi avviato una serie di accertamenti e pedinamenti, culminati il 10 settembre in una serie di perquisizioni in strutture collegate all’imprenditore. Nel garage della sua abitazione così è stata trovata l’anfora, un manufatto di circa 115 centimetri di altezza e 40 di diametro, la cui rilevanza storica è ora al vaglio della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio. Agli esperti il compito di fornire una classificazione precisa e una datazione del reperto, che potrebbe rivelarsi di grande importanza per il patrimonio archeologico nazionale.
Il ristoratore avrà ora la possibilità di chiarire con gli inquirenti il suo ruolo e di fornire eventuali spiegazioni a sua discolpa. Nel frattempo, proseguono le indagini per identificare chi ha trovato l’anfora in mare e per determinare se ci siano altre persone coinvolte nella vicenda. Non è chiaro, ad esempio, se la cessione del prezioso reperto sia avvenuta dietro il pagamento di un compenso o semplicemente a titolo gratuito. La Guardia costiera e la Guardia di finanza hanno ricordato, a seguito dell’episodio, l’obbligo di legge di denunciare entro 24 ore il ritrovamento di qualsiasi oggetto dal possibile valore archeologico o storico. In caso di mancata denuncia, le conseguenze penali possono essere molto gravi, come dimostra la situazione in cui si trova ora l’imprenditore riminese.
Lorenzo Muccioli