e Francesco ZuppiroliRIMININon parole di auguri scambiati al ritmo dei fuochi d’artificio. Ma urla in lingua araba silenziate dopo dodici scoppi. Dodici spari, parte a terra e il resto ad altezza uomo in un numero da determinare, con cui nella notte di Capodanno il comandante della stazione dei carabinieri di Villa Verucchio ha ucciso il 23enne egiziano Muhammad Sitta, autore di quattro aggressioni all’arma bianca ad altrettante persone che si trovavano in strada per aspettare l’anno nuovo nel piccolo borgo fuori Rimini. Qui siamo lontani dal mare, dalla movida. Siamo nell’hinterland. In un agglomerato cittadino pacifico di 8mila anime, dove mai e poi mai prima di ieri notte qualcuno avrebbe immaginato di entrare nel 2025 con la cadenza dei lampeggianti blu di sirene spiegate a illuminare la strada principale del paese. O anziché spumante, il sangue di un 23enne a bagnare il marciapiede della zona in cui tra le 22.15 e le 23.30 si è consumata un’ora e un quarto di terrore.
Nel punto in cui, tra una tabaccheria del posto e una piadineria, l’egiziano Muhammad Sitta ha aggredito brandendo un coltellaccio da cucina con lama lunga 22 centimetri un totale di quattro persone. Senza motivo. Senza pietà. L’egiziano ha agito in due tempi: ferendo prima un 18enne che stava comprando le sigarette, per poi riservare 45 minuti dopo lo stesso destino a un amico coetaneo e quindi a una coppia di anziani turisti, colpevoli solo di essere usciti dal ristorante nel momento sbagliato. È stato proprio al culmine di quest’ultimo assalto che una gazzella dei carabinieri con a bordo il comandante della stazione locale, Luciano Masini, ha però raggiunto Muhammad Sitta. E poi le urla. L’alt intimato e il 23enne che imperterrito si fa sempre più vicino al militare parlando in lingua araba – così come registrato dalle telecamere della zona – e senza lasciare andare il coltello. Più vicino, sempre più vicino. Quando davanti ad alcuni passanti il carabiniere ha fatto fuoco non disponendo, ad esempio, del taser: non in dotazione per gli equipaggi delle stazioni locali. Ha sparato una dozzina di proiettili con cui, infine, Sitta è crollato a terra senza vita. Ucciso, a colpi di pistola.
Indagato per eccesso colposo di difesa è ora il carabiniere che ha aperto il fuoco, mentre la figura di Muhammad, per il quale si è configurato il reato di tentato omicidio plurimo, è ora al centro delle attenzioni della procura di Rimini. Durante gli accoltellamenti indosso il 23enne aveva una copia tascabile del Corano e una misbaha, la collana di grani per la preghiera dei musulmani. Chi indaga non ha ancora elementi per dire se ci sia la matrice religiosa dietro al gesto dell’egiziano o se si sia trattato di un’iniziativa personale o di un atto coordinato. Così come è possibile che l’uomo abbia agito sotto effetto di psicofarmaci, dal momento che a casa sua i carabinieri hanno trovato ieri anche un flacone di antipsicotici.
Quel che è certo è che, ancor più delle ferite – le vittime hanno prognosi tra i 20 e i 30 giorni – i due ragazzini neomaggiorenni colpiti da Sitta non dimenticheranno mai questa notte. "Gli ho urlato ’lasciami andare’! Ti do il portafoglio, ti do quello che vuoi", ha raccontato Diego, prima vittima del 23enne. "Ma lui ha continuato a colpirmi, fino a quando non sono riuscito a fuggire". Un racconto dell’orrore difficile da ripercorrere, ancor più per l’amico e coetaneo Nicolò a cui: "Mi hanno messo un drenaggio (un fendente gli ha perforato un polmone, ndr). La ferita fa male ma ora va un po’ meglio. Avevamo saputo che il nostro amico era appena stato accoltellato – ripercorre il giovane –. Siamo andati sul luogo dell’aggressione e mentre parlavamo lui (Sitta, ndr) è sbucato dal nulla e ci è venuto incontro. E mi ha colpito. Colpito alla schiena". Colpito, per uccidere.