Rimini, 18 maggio 2024 – L’accusa è quella di avere approfittato delle sedute psicologiche, fatte anche di ipnosi, per ‘convincere’ la paziente a compiere atti sessuali. Lo psicoterapeuta, un riminese di 54 anni, è stato rinviato a giudizio e, davanti ai giudici del Collegio, deve ora rispondere dell’ipotesi di reato di violenza sessuale. Il pubblico ministero Davide Ercolani, nel corso dell’ultima udienza, ha chiesto per il 54enne una condanna a 9 anni oltre all’interdizione dall’esercizio della professione. La presunta vittima, assistita dall’avvocato Rita Nanetti del foro di Bologna, si è costituita parte civile e ha chiesto un risarcimento di 50mila euro. Il processo è stato aggiornato al 10 ottobre, quando sarà pronunciata la sentenza. L’imputato ha respinto categoricamente le accuse a suo carico: sostiene di essersi limitato a svolgere la sua professione facendo ricorso a tecniche di digitopressione ed esercizi di respirazione, ma di non aver mai compiuto alcun tipo di abuso sulla paziente. L’avvocato che lo assiste, Stefano Dalla Valle, ha rimarcato come l’intero processo si basi esclusivamente su elementi indiziari.
La vicenda risale alla fine del 2019, quando la presunta vittima, 25 anni, sporge una dettagliata denuncia nei confronti del suo terapeuta. La ragazza soffre di crisi di ansia e nonostante abbia tentato con altri psicanalisti, non è riuscita ancora a venirne fuori. Finché contatta l’ennesimo psicoterapeuta, di cui ha sentito parlare molto bene. Secondo il suo racconto, sono due le sedute a cui la giovane si sottopone, nel corso delle quali il professionista usa tecniche di iperventilazione, digitopressione e anche ipnosi. Ma solo dopo aveva realizzato di quello che era successo in quello studio. E cioè che mentre lei si trovava in uno stato in cui si sentiva quasi stordita, lo psicologo l’aveva indotta a fare sesso con lui. Nella denuncia, la ragazza racconta quasi nei dettagli tutti i passaggi che in quei momenti ha vissuto come in un sogno. Era completamente in sua balia, ha detto, e ha fatto quello che lui le chiedeva di fare. Soltanto qualche giorno dopo dopo la seconda seduta realizza veramente quello che le è accaduto. Non ha sognato, quelle cose sono avvenute davvero, ma senza che lei lo volesse. Non era in condizioni di difendersi, perché era psicologicamente del tutto in balia dell’uomo. Una presa di coscienza che l’ha sconvolta, così invece di presentarsi al terzo appuntamento con il terapista, ha deciso di andare a denunciarlo.