È la sesta italiana all’ultima maratona di New York, 68ª per età tra le migliaia di partecipanti da tutto il mondo: è Manuela Pescarolo, 46 anni, medico radiologo al Santa Maria Nuova che ha chiuso la gara della Grande Mela in 3h.21’19’’.
La sua storia è da raccontare, perché ad agosto si è rotta i legamenti della caviglia, si è allenata con un tutore, è partita per New York nonostante il figlio si fosse appena rotto un braccio ed è arrivata al traguardo di Central Park. "In sintesi è andata proprio così - dice Manuela da New York ove è andata con il compagno Luca e i figli Federico di 10 anni e Giulia di 7 - ma sono felice, sia del tempo sia del piazzamento, anche se tutti mi dicono che con 1h.28’ nella mezza potrei fare meglio".
Ci racconta la sua storia?
"Fino a 23 anni mi diletto con vari sport, un paio d’anni da ragazzina anche nelle file dell’Atletica Reggio. Poi nel 2001 sono alla Self e gareggio per 13 anni su distanze tra i 400 e gli 800 che adesso non rifarei. Nel 2014 smetto per la maternità, poi riprendo, mi tessero per il Circolo Minerva Parma ma solo per dare punti ad una società attiva a livello di master. Senza dimenticare che il mio allenatore, Antonio Spina, è bravissimo, come tutta la società Futura di Cadelbosco con la quale sono tesserata come Uisp".
Perché la pista non le piace? "Sono distanze troppo brevi, io mi carburo dopo 10 chilometri e quindi per me la mezza maratona è la distanza perfetta. I 10.000 in pista sono alienanti, la maratona è un po’ lunga, ma avevo già corso a New York nel 2008 e poi a Parigi e nel 2022 a Reggio, quindi sapevo a cosa andavo incontro".
E a cosa è andata incontro?
"A New York domenica era una giornata eccezionale, ideale per correre: sono stata sempre benissimo, sono passata alla mezza in 1 ora e 40’, perfettamente in linea con il tempo finale. E anche all’arrivo stavo bene, non ho avuto alcun problema".
Ma è vero che ad agosto stava pensando al forfait?
"Assolutamente no; è vero, mi sono infortunata, mi sono fatta la radiografia da sola, ho messo un tutore, ho iniziato la terapia un mese dopo, mi sono allenata con la caviglia gonfia. Non potevo stare a casa, avevo già il pettorale guadagnato con il mio tempo sulla mezza, ho organizzato io il viaggio, biglietti, hotel, ho corso e ora ci facciamo qualche giorno di meritata vacanza".
Ma come riesce a far collimare tutti gli impegni?
"In estate mi allenavo alle 5,30 di mattina o la sera quando c’era luce al parco delle Caprette. Al buio non mi fido, troppi malintenzionati in giro. In ottobre sono riuscita a correre 260 chilometri e quindi alla fine la preparazione è stata buona". Emozione?
"Quella c’è sempre, corri in una città che quel giorno vive di maratona. Il pubblico ti incita e ti chiama per nome. Me la sono goduta tantissimo, probabilmente ho trovato la giornata perfetta".
Organizzazione al top?
"Sono bravissimi, 50.000 atleti al via non sono facili da gestire. Io domenica mi sono svegliata alle 4, alle 5 è partito l’autobus per Verrazzano Bridge, alle 6 siamo arrivati. Mi ero portata anche un po’ di riso in bianco che mi aveva cucinato la sera prima Lorenzo, un reggiano di Casina che da anni gestisce un ristorante a New York, il ’Tarallucci e Vino’. Avevo con me una coperta vecchia e abbigliamento che non usavo più che abbiamo lasciato alla partenza, destinati alle persone sfortunate".
In questi casi la domanda è di rito. Ma chi glielo fa fare?
"Quando corro sto benissimo, soprattutto le distanze lunghe. Mi piace… soffrire, ma è una bella valvola di sfogo dello stress quotidiano. Per non andare a New York mi avrebbero dovuto sparare alle gambe".
Ci tornerà?
"Non so, mi piacerebbe fare le sei Major, quindi oltre a New York anche Berlino, Londra, Chicago, Tokyo e Boston, magari una all’anno".
E a Reggio la vedremo?
"Sicuramente, ma non ho ancora deciso se correre la mezza o la maratona. Ora direi la mezza, magari fra quindici giorni…"
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