Reggio Emilia, 26 aprile 2023 – Si potrebbe dire che il ‘Re della bresaola’ valtellinese ha incontrato il prosciutto cotto emiliano, per descrivere quella che più seriamente è una vera e propria rivoluzione del mercato alimentare.
Perché il tribunale di Reggio Emilia ha recentemente omologato la proposta del gruppo Pini di Sondrio (leader nella produzione di bresaola e nella macellazione di suini) per l’acquisizione di Ferrarini, lo storico prosciuttificio di Reggio Emilia in concordato preventivo da luglio 2018, dopo aver accumulato qualcosa come 286 milioni di debito a causa del crac delle banche venete (di due anni prima) con cui l’azienda reggiana aveva sottoscritto i cosiddetti ‘prestiti baciati’ (finanziamenti a tasso favorevole in cambio di acquisto di azioni).
L’omologa arriva dopo 5 anni di grandi difficoltà per Ferrarini e gli oltre 500 dipendenti, schiacciata dai debiti ma ancora in grado di produrre utili (3 milioni nel 2022). E restituisce un quadro rivoluzionato: la storica famiglia non sarà più alla guida dell’azienda fondata dal cavalier Lauro Ferrarini nel 1956; Pini si prende l’80% delle quote mentre il restante 20% va alla partecipata statale Amco.
Rimarrà il marchio, naturalmente. Mentre la famiglia (ora rappresentata dalla figlia Lisa), come ribadito dal tribunale, sarà coinvolta solo nel "supporto industriale e commerciale" dell’azienda.
Per la verità il gruppo Pini è sempre stato il ‘cavallo bianco’ prescelto da Ferrarini. Almeno da quando nel 2019 saltò l’accordo con Amadori che sembrava destinato ad andare in porto. La Holding valtellinese – gestita da Roberto, figlio del fondatore Piero – tra Italia (soprattutto bresaole), Spagna (dove nel 2019 ha costruito in Aragona il più grande macello d’Europa con una capacità di 150mila suini) e Ungheria (seppur Piero e l’altro figlio Marcello siano a processo con l’accusa di frode fiscale per la controllata ‘Hungary Meat’) vanta 3.500 dipendenti con un fatturato da 1,8 miliardi di euro nel 2022. E soprattutto ha garantito alla famiglia sia di poter proseguire durante il concordato (investiti oltre 20 milioni dal 2019), che di rimanere comunque nell’ambito aziendale.
L’altra offerta infatti, quella di Re-New Holding, prevedeva un drastico cambio di rotta.
Ma la proposta si è conclusa in un nulla di fatto: secondo il tribunale di Reggio - con la successiva conferma dell’Appello di Bologna - la proposta di Rh è stata dichiarata "inammissibile" su tre specifici punti. E gli ulteriori 5 motivi di opposizione all’omologa sono stati tutti respinti dai giudici nell’ultima sentenza.
La proposta di Pini invece si può tradurre anche in numeri. Rientro al 100% per i creditori privilegiati (circa 100 milioni di euro) ovvero principalmente banche ipotecarie, ma sono comprese anche le tre mensilità arretrate dei dipendenti che risalgono alla crisi 2018. Per i chirografari, il cui credito ammonta a 197 milioni, il rientro sulle 12 classi sarà in media del 33% - fattispecie che peraltro esclude qualsiasi altra proposta concorrente - quindi circa 65 milioni. Per la sola classe dei ‘fornitori’, la quota scende al 25% con un debito che sarà saldato in tre rate a partire dal quinto anno dall’omologa; più in generale, la scadenza del piano è a 7 anni dall’approvazione ufficiale del tribunale. In totale, tra privilegiati e chirografari, si prevede un esborso di quasi 160 milioni di euro. Ma non finisce qui.
Perché Pini dopo aver acquistato Villa Corbelli nel dicembre 2021 per 2,7 milioni di euro, ovvero il quartier generale di Ferrarini, ha già promesso un investimento da 70 milioni entro il 2024 per la realizzazione di un nuovo stabilimento a Reggio, con l’automatica assunzione di 400 dipendenti. Più che incontrato, la bresaola di fatto si è letteralmente mangiata il prosciutto. Ma per i dipendenti Ferrarini, non è detto che sia necessariamente un male.