YLENIA ROCCO
Cronaca

West Nile, 77enne in coma a Reggio Emilia. La figlia disperata: “Viviamo un incubo”

Il pensionato di San Pellegrino ha perso conoscenza a fine agosto. I familiari: “Non abbiamo mai assistito a disinfestazioni nel quartiere. Non riusciamo ad accettare che a ridurlo così sia stata una zanzara”

Reggio Emilia, 5 ottobre 2024 – Forse durante la notte mentre dormiva, forse al parco mentre passeggiava; una zanzara infetta l’ha punto: ha perso i sensi e si è accasciato a terra. Da un mese e mezzo è in coma. Ora è ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale San Sebastiano di Correggio per encefalite acuta da virus West Nile (Wnv). Lì ogni giorno la figlia cinquantenne, Chiara P., va a fargli visita. “Gli parlo, gli dico che deve trovare la strada per uscire da questa bolla in cui è rinchiuso, perché l’aspettiamo a casa. Ma lui è in coma per un virus che gli ha provocato gravi danni al sistema nervoso e non so quanto davvero senta la mia voce. Mi sembra di vivere un incubo...”. Lui (la figlia vuole tutelarne la privacy da paziente, chiedendoci l’anonimato) risiede nel quartiere San Pellegrino e ha compiuto 77 anni ad agosto; prima di contrarre il Wnv andava persino in piscina a fare le vasche. “Era uno sportivo, una di quelle persone sempre attive e mai ferme”, racconta la donna, che non si dà pace.

Una disinfestazione da zanzara (foto di repertorio)
Una disinfestazione da zanzara (foto di repertorio)

“Non riesco ad accettare che una zanzara l’abbia ridotto in questo stato”. E per questo chiede a tutti gli enti coinvolti nella sorveglianza, e nel contenimento del virus, di mantenere alto il livello di attenzione: “Bisogna smetterla di essere fatalisti perché è un virus subdolo. Nel nostro quartiere, la zona del lungo Crostolo, non ho mai visto fare un trattamento anti-zanzare ma lì vicino c’è un torrente...”.

Chiara, quando è iniziato il lungo calvario per la sua famiglia?

“Domenica 25 agosto. Io ero in vacanza, lontana da Reggio; mio padre, invece, era rimasto in città e per qualche giorno aveva deciso trasferirsi a casa mia. Il lunedì sera ho provato a chiamarlo per sentirlo come faccio di solito, ma non mi ha risposto. Mi sono preoccupata e ho visionato i filmati delle videocamera di sorveglianza, costatando che invece stava dormendo sul divano. Martedì mattina l’ho richiamato, il telefono ha squillato a vuoto. Non capivo cosa stesse succedendo, dalle telecamere mio padre sembrava morto: era riverso a terra. Ho chiamato immediatamente il 118 e il 112”.

Cos’era successo?

“I soccorsi sono arrivati dopo quaranta minuti. L’hanno aiutato a rialzarsi ma non era lucido, aveva la febbre molto alta, a 41. E quando gli hanno chiesto come si chiamasse ha riferito un nome diverso dal suo. L’hanno trasportato d’urgenza al Santa Maria”.

Quali sono stati i primi sospetti dei medici?

“Sin dall’inizio hanno parlato di encefalite. Mercoledì mattina hanno trasferito mio padre nel reparto di geriatria del nosocomio reggiano, ma la febbre non scendeva, così giovedì 29 ho preso il primo traghetto e sono arrivata a Reggio. In quella mattinata mio padre ha svolto gli esami ematici e l’analisi del liquor cefalo-rachidiano. Poi, l’hanno trasferito in rianimazione e indotto al coma farmacologico. E non si è mai più risvegliato”.

I referti delle analisi cosa hanno evidenziato?

“Encefalite di origine virale da febbre West Nile, trasmessa dalla zanzara Culex. È un virus meschino perché mi hanno detto che non esiste alcuna cura”.

I soccorsi sono stati allertati il 26 agosto scorso
I soccorsi sono stati allertati il 26 agosto scorso

L’encefalo quanto è stato danneggiato?

“Tanto da riportare lesioni gravi e profonde. Il medico mi ha detto che se anche si dovesse svegliare non saprebbe in quali condizioni potrebbe trovarsi. Sarebbero comunque molto gravi”.

Qual era la situazione contagi durante quel periodo al Santa Maria?

“Mi dissero che c’erano tanti casi, fra la rianimazione e il reparto di malattie infettive”.

L’Ausl la contattò?

“Pochi giorni dopo. Volevano sapere se mio padre nei 20 giorni precedenti avesse viaggiato all’estero, ma lui è sempre rimasto a Reggio. Ricordo che mi raccomandarono di coprirmi braccia e gambe per uscire, spruzzarmi il repellente antizanzare e utilizzare zanzariere e aria condizionata. Rimasi perplessa”.

Come mai?

“Dal bollettino (recuperato dai bollettini sanitari nazionali), aggiornato al 25 settembre, si evince che la maggioranza dei contagi, su 417 casi, è nella nostra Regione, in particolare tra Reggio, Modena e Bologna. E il primo caso si è registrato in provincia di Modena il 26 giugno. La stessa Ausl mi disse che non avevano ancora fornito ai cittadini le indicazioni per prevenire il contagio ma che in compenso aveva effettuato qualche disinfestazione tra Albinea e Borzano per un caso di Dengue, e fuori ai cimiteri cittadini. Mi chiedo allora come mai l’azienda sanitaria e l’amministrazione abbiano trascurato la comunicazione diretta ai cittadini. Io, per esempio, non immaginavo che il virus potesse essere così letale. Ma soprattutto mi chiedo come mai gli interventi di disinfestazione in diverse aree della città non siano stati effettuati. Avrebbero potuto fare di più”.

Nel vostro quartiere è stata mai organizzata una disinfestazione adulticida?

“Non mi sembra. Io e mio padre abitiamo nella zona del lungo Crostolo: lui a San Pellegrino, io vicino a Villa Verde. Non ho mai visto nessuno bonificare l’area, ma anche l’Ausl mi ha confermato che non ci sono stati interventi di pulizia o di straordinaria prevenzione in quella zona. I miei vicini, dopo aver dato loro la notizia, hanno provveduto da soli”.

Che persona è suo padre?

“Aveva da poco compiuto 77 anni. Giocava a calcio ma aveva smesso dopo la pandemia. Ha giocato a tennis fino a due anni fa. Era un nuotatore e fino a una settimana prima di contrarre il virus faceva tante vasche; era uno sportivo in ottima forma. Pensionato ma ancora attivo nel sociale, a volte offriva qualche consulenza gratuita. Era una persona buona e generosa”.

Parla di suo padre già al passato.

“Lo so. La speranza è sempre l’ultima a morire, ma lo vedo spegnersi giorno dopo giorno. Ora è stato trasferito a Correggio, dove è curato con amore. vado a fargli visita tutti i giorni, due volte al giorno. Gli parlo, gli racconto la mia giornata. Ma non sono sicura mi senta e ci sto male...”.

Si è fatta un’idea del luogo dove potrebbe essere stato punto dalla zanzara?

“Forse a casa sua, sul lungo Crostolo: non aveva le zanzariere e in quel periodo faceva molto caldo, il clima era umido. È anche vero che tutte le domenica andava al parco delle Caprette, ma quando si spostava lo faceva in bici e indossando camicia e pantalone lungo. La sua vita era comunque in questa zona”.

Da quella domenica, com’è cambiata la sua vita?

“All’inizio non volevo accettare che una zanzara potesse ridurre in fin di vita un uomo che per me è sempre stato una roccia. Non volevo più uscire di casa, avevo gli attacchi di panico perché avevo paura. Ora sono seguita da uno psicologo e sto ’benino’, se così si può dire”.

Cosa le manca di suo padre?

“Ogni singola cosa, soprattutto gli abbracci. Lui non era solo il mio papà, era un amico sempre presente. Questa situazione mi ha fatto capire che non bisogna mai essere fatalisti, è un virus terribile. Più di quanto in realtà se ne dica”.