Reggio Emilia, 23 agosto 2024 – "Nel corso della procedura estradizionale in Pakistan Nazia Shaheen ha rilasciato diverse dichiarazioni sostenendo di voler fornire la propria versione dei fatti di quella notte in cui è stata uccisa la figlia, sostenendo anche che lei e il marito non ne sono responsabili e attribuendo la responsabilità ad altri parenti", ha spiegato il procuratore di Reggio, Gaetano Calogero Paci.
Quella della donna "è una ricostruzione - ha proseguito - che chiaramente confligge con quella accertata durante le indagini e asseverata anche dalla Corte di assise di Reggio Emilia, ma ovviamente non possiamo escludere che questa volontà di partecipare direttamente al processo da parte di Nazia non assuma connotazioni diverse e che le possa consentire di pervenire ad una diversa ricostruzione di quei fatti".
"La Procura di Reggio – ha concluso Paci – ha continuato ad indagare per pervenire all’identificazione di ulteriori eventuali soggetti che possano aver partecipato alla fase ideativa o esecutiva in danno di Saman Abbas. E ciò perché è stato proprio uno degli imputati del processo a evidenziare la partecipazione di un soggetto, peraltro senza menzionarne l’identità e dunque da questo punto di vista il lavoro che è stato volto continuerà fino alla definizione dell’attività di indagine".
A dicembre 2023 Nazia Shaheen, unica donna imputata e unica contumace, è stata condannata all’ergastolo così come il marito, estradato un anno fa, mentre il cognato e zio di Saman, Danish Hasnain, ha avuto una pena di 14 anni e gli altri due cugini imputati sono stati assolti. In secondo grado le posizioni di tutti e cinque saranno oggetto di rivalutazione da parte dei giudici.