CHIARA GABRIELLI
Cronaca

Usura ed estorsione aggravata. Blitz della Finanza: altri tre arresti. Fermati due fratelli calabresi e imprenditore in villeggiatura

L’accusa: minacce, violenze e richieste di soldi continue al titolare di un’azienda e ai suoi familiari. Si aggravano le misure per i fratelli Lequoque, ai vertici del sodalizio criminale, e per Di Tinco, di Reggio. .

L’accusa: minacce, violenze e richieste di soldi continue al titolare di un’azienda e ai suoi familiari. Si aggravano le misure per i fratelli Lequoque, ai vertici del sodalizio criminale, e per Di Tinco, di Reggio. .

L’accusa: minacce, violenze e richieste di soldi continue al titolare di un’azienda e ai suoi familiari. Si aggravano le misure per i fratelli Lequoque, ai vertici del sodalizio criminale, e per Di Tinco, di Reggio. .

Minacce a un imprenditore di origine campana, che avrebbe subìto diverse richieste di denaro, e anche ai suoi familiari. Per usura ed estorsione aggravata sono stati arrestati i fratelli Lequoque e il noto imprenditore locale Giambattista Di Tinco. I due calabresi e l’imprenditore erano già stati colpiti da misura cautelare a febbraio, nell’ambito dell’inchiesta ’Minefield’ per frodi fiscali, indebite percezioni di risorse pubbliche, reati fallimentari, riciclaggio internazionale e autoriciclaggio. Si tratta di soggetti legati alla criminalità organizzata. Gli arresti sono scattati nella tarda serata di venerdì: i finanzieri del Comando provinciale di Reggio Emilia, nell’ambito di un’articolata e complessa attività investigativa, coordinata dalla Procura di Reggio, diretta dal procuratore Calogero Gaetano Paci, hanno dato esecuzione alle misure di custodia cautelare in carcere nei confronti dei tre. Uno, Di Tinco, sono andati a prenderlo i finanzieri di Otranto mentre si trovava in territorio pugliese, in villeggiatura. I tre arresti sono scattati con urgenza dal momento che c’erano gravi motivi di temere per l’incolumità delle persone minacciate. Inizialmente, si credeva che Di Tinco, dell’impresa Dg Service, avesse un ruolo quasi marginale rispetto agli altri: è poi emerso che, oltre ad avere legami familiari con persone legate alla criminalità organizzatam avrebbe anche frequentazioni assidue e attuali con esponenti di quel mondo. Al punto che di recente è stato colpito da una interdittiva del prefetto Maria Rita Cocciufa, con diniego di iscrizione alla white list per la sua impresa.

Le tre misure cautelari personali sono state eseguite, da parte dei militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Reggio, nei confronti dei due soggetti di origine calabrese, i fratelli Samuel e Gionata Lequoque, già posti al vertice del sodalizio criminale emerso nell’ambito di ’Minefield’, e nel cui interesse hanno operato con estorsioni e minacce i tre soggetti che lo scorso 10 agosto sono stati destinatari di altrettanti provvedimenti di fermo, a seguito delle dichiarazioni dell’imprenditore. Questi ha riferito agli inquirenti di essere stato inserito in un meccanismo criminale e di aver subito diverse richieste di denaro, sia a carattere estorsivo sia usurario, da diversi soggetti.

In tutto, per estorsione e usura, sono state arrestate sei persone (i tre del 10 agosto e i tre del 16 agosto). Le minacce più gravi sarebbero state effettuate dal giovane calabrese, figlio di un condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso nel processo Aemilia. Di Tinco avrebbe peraltro riscosso crediti usurari di elevato importo (sui 50mila euro con tassi fino al 20 per cento mensile), fatti contrarre all’imprenditore di origine campana, in evidenti difficoltà economiche: sarebbe stato soggetto a minacce e violenze. E ieri, i finanzieri hanno fermato l’imprenditore reggiano mentre era in vacanza a Otranto: lo stesso imprenditore era già emerso nell’ambito dell’operazione ’Minefield’ per aver posto in essere reati tributari legati all’utilizzo e alla emissione di fatture per operazioni inesistenti. Le attività d’indagine hanno fatto emergere che gli imprenditori calabresi avrebbero sollecitato la riscossione illecita dei crediti, derivanti dai delitti già posti in essere dell’associazione per delinquere emersa nell’ambito di “Minefield”, violando le prescrizioni del divieto comunicativo, loro imposte durante la precedente applicazione della misura dei domiciliari; nel loro interesse avrebbero operato sul territorio reggiano anche gli altri soggetti, degli ambienti della criminalità organizzata, già arrestati lo scorso 10 agosto (durante l’esecuzione di una mirata attività di polizia giudiziaria, nell’ambito di un’attività condotta unitamente alla Squadra Mobile di Reggio Emilia insieme al locale comando provinciale dei carabinieri), a seguito di condotte estorsive e minacce nei confronti dell’imprenditore campano, che alla fine ha trovato la forza di denunciare.