DANIELE PETRONE
Cronaca

Uccise la sorella, dopo 5 anni sarà già libero

L’Appello dimezza la condanna a 6 anni a Franco Govi che strangolò la sorella Franca. Potrebbe uscire a breve grazie alla buona condotta

Uccise la sorella, dopo 5 anni sarà già libero

Uccise la sorella, dopo 5 anni sarà già libero

di Daniele Petrone

Uccise la sorella poco più di cinque anni fa, ma presto sarà già libero. Dopo cinque anni di reclusione – di cui solo otto giorni trascorsi in carcere e i restanti ai domiciliari dove si trova tuttora, con tre giorni di permesso a settimane per poter andare a fare la spesa – e duemila euro di risarcimento ciascuno a sei cugini, Franco Govi, per la giustizia, ha saldato il suo conto. Il 76enne che la mattina del giorno di Natale del 2017 strangolò a morte Franca, 61 anni, nel bagno dell’abitazione di Canali dove i due fratelli convivevano, ha ottenuto di fatto una pena dimezzata. Dai 12 anni in primo grado, in abbreviato, ai 6 anni e due mesi decisi ieri dalla Corte d’Assise d’Appello in una seconda sentenza dopo che la Cassazione aveva ordinato di riformulare la condanna di secondo grado (già ridotta a 9 anni e quattro mesi nel 2021). Ora, avendo già scontato oltre cinque anni e potendo godere – calcolatrice alla mano – di 450 giorni di bonus (90 all’anno) per buona condotta, potrà uscire non appena la decisione sarà definitiva.

"Tecnicamente, per passare in giudicato, devono trascorrere 45 giorni. Ma se la Procura Generale firmerà subito la rinuncia a impugnare la sentenza, Govi può essere liberato prima", spiega l’avvocato difensore Marco Fornaciari.

Il delitto avvenne al culmine di un banale litigio. La sorella lo rimproverò per aver sporcato a terra mentre si faceva la barba. Lui reagì mettendole le mani al collo, strozzandola e ammazzandola. Fu lo stesso uomo a chiamare la polizia: "Mandate un carro funebre e l’ambulanza in via Bologna: ho ucciso mia sorella...". Venne arrestato e nell’interrogatorio di garanzia disse: "Non so cosa mi sia successo". Dopo otto giorni in cella, il gip Giovanni Ghini lo scarcerò per "l’autodisciplina mostrata in 70 anni di vita irreprensibile", applicando i domiciliari. Due anni li ha trascorsi in una struttura dell’Ausl e poi è stato mandato a casa, un’abitazione diversa a quella nella quale si consumò l’omicidio, che nel frattempo è stata venduta.

La prima condanna arrivò nel 2019: dodici anni a fronte dei 14 richiesti dal pm Giacome Forte. Il giudice Luca Ramponi riconobbe le attenuanti generiche, ma non nella massima misura. Così come cadde l’aggravante dei futili motivi, mentre restò in piedi solo quella della coabitazione. Ma soprattutto rigettò il riconoscimento di semi-infermità mentale dopo la perizia psichiatrica che sancì come Govi fosse capace di intendere e di volere.

Nel 2021 si arrivò in Corte d’Assise d’Appello che accolse le generiche nella massima misura e prevalenti su tutte le aggravanti: pena ridotta a 9 anni e quattro mesi. E respingendo pure la richiesta della difesa riguardo a una nuova perizia psichiatrica. Ma l’avvocato Fornaciari non molla e ricorre in Cassazione. Diventa anche una questione in punta di diritto: tutto ruota attorno al risarcimento del danno effettuato su base volontaria da parte di Govi, ben prima della condanna in tribunale a Reggio, ad alcuni lontani cugini (non sono eredi, ma aventi diritto), con la somma di duemila euro ciascuno. Primo e secondo grado contestarono la quantità di denaro, affermando che la vita umana non si può pagare con qualche migliaia di euro. Ma la Suprema Corte accolse il ricorso, vedendo nel "ravvedimento operoso – nell’aver pagato spontaneamente a tutti i cugini, i quali hanno dato atto di aver ricevuto e accettato le somme di denaro, dichiarandosi integralmente soddisfatti – la volontà di eliminare le conseguenze del danno". Inoltre gli Ermellini ritennero "incoerente" l’affermazione di giudizio sulla somma versata, trattandosi di parenti che da tempo non avevano alcuna frequentazione con la vittima. Rimandando tutto così nuovamente in Appello a Bologna dove ieri è stato riconosciuto il risarcimento integrale e di conseguenza applicato l’ulteriore sconto di un terzo della pena. Totale, sei anni e due mesi. "Il minimo del minimo", esulta Marco Fornaciari, 83 anni, per la vittoria professionale.

"Ero esasperato – dice Govi al Carlino – Mia sorella era seguita dai servizi di salute mentale, se fosse stata seguita meglio forse le cose sarebbero poute andare diversamente...".