"Tutela della salute mentale in cella, una follia. Oggi le carceri producono malattia e morte"

Focus drammatico sulla situazione dei detenuti: "Basta guardare il dato di recidività, pari al 70 per cento". Scarcella (Camera Penale): "Viene il mal di testa solo a sentire i rumori lì dentro, deve cambiare la cultura".

"Tutela della salute mentale in cella, una follia. Oggi le carceri producono malattia e morte"

Focus drammatico sulla situazione dei detenuti: "Basta guardare il dato di recidività, pari al 70 per cento". Scarcella (Camera Penale): "Viene il mal di testa solo a sentire i rumori lì dentro, deve cambiare la cultura".

"Un cimitero per i vivi. Quello sono, le carceri". È con l’agghiacciante definizione coniata nel 1904 da Filippo Turati che Sergio D’Elia, ex segretario di ‘Nessuno Tocchi Caino’, ha chiuso il suo intervento durante la conferenza ‘Servire l’uomo. Spes contra spem’ in via Codro, al Centro di Solidarietà di Reggio Emilia. Vi ha collaborato anche la Camera Penale cittadina, nell’ambito di una giornata dedicata alla sensibilizzazione sulle difficili condizioni dei detenuti e sulle difficoltà nella tutela della loro salute mentale. In mattinata si è svolta una visita prima a quello specifico settore della Pulce e poi al Rems: "Si stima che – racconta Eliseo Bertani, per 40 anni educatore al Ceis – i tossicodipendenti nelle carceri italiane siano 14mila, una parte importante nel problema del sovraffollamento, e si parla di trasferirli in comunità terapeutiche: per farlo però serve molta formazione, 82 euro giornalieri di retta sono del tutto inadeguati". A parlare poi è stato il consigliere regionale e presidente della Commissione parità e diritti Federico Amico: "Di fronte al 70% di recidività, i dati oggi ci dicono che le carceri producono criminalità anziché riabilitazione. A Reggio ci sono 280 posti e 290 detenuti ma due sezioni sono in fase di ristrutturazione, quindi ci sono quattro o cinque persone per cella, e nella sezione per la tutela della salute mentale le presenze sono quasi 50, il doppio del previsto". La radicale Rita Bernardini è in primissima linea per i diritti dei carcerati: "Dell’assistenza ai malati spesso si fanno carico direttamente i detenuti, i cosiddetti ‘piantoni’, ma non hanno formazione né esperienza. Su questi temi sinistra, destra, centro non possono fare differenze ma chiunque abbia governato ha sempre trascurato le carceri. In più l’ultimo decreto sicurezza aumenta le pene e istituisce 24 nuove fattispecie di reato, da aggiungere alle 37mila già presenti, mentre in Francia sono 7mila". D’Elia definisce "la malattia mentale un connotato del carcere, ormai. Tutto ciò che stava nei manicomi e negli Opg è finito lì e non può esistere terapia in un luogo che priva di libertà e di salute. Basti pensare ai 73 suicidi dall’inizio dell’anno tra i detenuti e i 7 tra gli agenti: le carceri così producono solo malattia e morte".

Dopo il drammatico resoconto dell’infermiera Linda Motti, che lavora in carcere e sulla sua esperienza ha scritto il libro ‘Ero carcerato e mi siete venuti a trovare’, ha preso la parola Luigi Scarcella, presidente della Camera Penale di Reggio Emilia: "Dopo la visita di oggi non vorrei parlare, lo faccio solo perché denunciare è un obbligo. Pensare la tutela della salute mentale all’interno del carcere è pura follia: già l’ordinamento non consente una personalizzazione della pena, figuriamoci della cura. Dopo anche solo aver sentito i rumori lì dentro viene il mal di testa, per non dire peggio. Più persone possibili devono sapere, perché se non cambia la cultura il problema non è risolvibile. Allo stato attuale il quadro è buio, non c’è luce, c’è il buio più profondo".

Tommaso Vezzani