C’era chi, come un cittadino egiziano, era disposto a sborsare fino a 6mila euro per ottenere quella finta assunzione necessaria a farsi rilasciare il nulla osta per l’ingresso in Italia. Qualcuno, sperando di poter conseguire prima o dopo il tanto sospirato permesso di soggiorno, accettava di diventare ‘schiavo’ del suo datore di lavoro, sottoponendosi a turni massacranti per una paga da fame. Alcune ragazze, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, si sarebbero addirittura concesse sessualmente.
Albergatori, imprenditori del settore turistico, ma anche un dipendente dell’Inps, una addetta di un patronato di Rimini, un commercialista della provincia di Pesaro-Urbino. Ciascuno di loro, in quel sistema che lucrava sulla pelle di migranti (per lo più nordafricani) desiderosi di entrare nel nostro Paese, al solo scopo di realizzare guadagni illeciti, aveva un suo ruolo ben preciso. Qualcuno (gli imprenditori compiacenti) garantiva l’assunzione degli stranieri con finti contratti di lavoro (generalmente colf e badanti), c’era chi si occupava di regolarizzare le posizioni e delle varie scartoffie, altri ancora procuravano domicili fasulli per il rilascio del permesso di soggiorno. Non mancavano nemmeno gli italiani disposti a convolare a finte nozze con l’extracomunitario l’extracomunitaria di turno.
Era uno schema complesso e consolidato, che realizzava grossi profitti sfruttando poveri disperati, quello smantellato ieri mattina all’alba dai carabinieri del Nucleo Informativo-Reparto Operativo del Comando Provinciale di Rimini e del Nucleo Ispettorato del Lavoro, che hanno dato esecuzione a 12 misure cautelari (4 in carcere, 7 ai domiciliari, un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), emesse dal gip del tribunale di Rimini su richiesta della Procura, nelle province di Rimini, Forlì-Cesena, Bologna, Reggio - Emilia e Pesaro Urbino, dopo aver portato a galla una rete specializzata nel traffico illecito di cittadini di migranti, attiva dal 2017 al 2020. Le accuse sono, a vario titolo, quelle di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento del lavoro e prostituzione, corruzione continuata, false dichiarazioni, favoreggiamento continuato della permanenza di cittadino straniero irregolare, ricettazione e falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico.
Tra i quattro in carcere, c’è Giuseppe Troiano, calabrese residente a Bellaria. Secondo gli inquirenti, attraverso diverse società da lui gestite – una delle quali titolare di un albergo a Pennabili, con amministratore il cognato, Pietro Briamonte, anche lui finito in carcere – sarebbe stato in grado di organizzare il "sistema ben collaudato" per presentare domande di assunzione fittizie dei cittadini extracomunitari. Ai ’Casetti’ è finito poi il marocchino Rachid El Mountassir, collaboratore volontario di un patronato nel Riminese, mentre una quarta misura riguarda un suo connazionale.
Ai domiciliari un commercialista pesarese di 71 anni, un dipendente dell’Inps di Rimini, due intermediari di 67 e 64 anni residenti in provincia di Reggio - Emilia, una bellariese, la moglie di uno degli arrestati, un marocchino di 30 anni. Tra gli indagati (in totale 14, difesi tra gli altri dagli avvocati Andrea Guidi, Massimiliano Orrù, Nicola Massini) anche una donna rumena residente a San Mauro Pascoli.