ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

’Torture in carcere’, il viceispettore: "Ho colpito il detenuto al volto". In aula ha chiesto scusa a tutti

Ieri Il poliziotto della penitenziaria ha risposto a tutte le domande del giudice: ha parlato per un’ora e mezzo. Il pm gli contesta di aver attestato falsamente che il tunisino tentò di ferire gli agenti con una lametta.

Ieri Il poliziotto della penitenziaria ha risposto a tutte le domande del giudice: ha parlato per un’ora e mezzo. Il pm gli contesta di aver attestato falsamente che il tunisino tentò di ferire gli agenti con una lametta.

Ieri Il poliziotto della penitenziaria ha risposto a tutte le domande del giudice: ha parlato per un’ora e mezzo. Il pm gli contesta di aver attestato falsamente che il tunisino tentò di ferire gli agenti con una lametta.

Lui, un viceispettore della polizia penitenziaria, ha risposto a tutte le domande poste dal giudice Silvia Guareschi, dando spiegazioni sulla condotta tenuta verso un 44enne tunisino, allora recluso nel carcere della Pulce, che ora figura come parte civile. In particolare, per un colpo che gli diede al volto, il poliziotto ha ammesso di essere andato oltre il limite: "Chiedo scusa al detenuto e all’amministrazione penitenziaria". È quanto ha detto ieri durante l’udienza preliminare che conta dieci agenti imputati a vario titolo per tortura, lesioni e falso nelle relazioni di servizio, reati contestati per i fatti del 3 aprile 2023 alla Pulce e per i quali hanno optato per il rito abbreviato. Il viceispettore 46enne, difeso dall’avvocato Federico De Belvis, ha parlato per un’ora e mezzo: gup a parte, si è avvalso della facoltà di non rispondere verso tutte le parti (compreso il proprio legale), rifacendosi alla relazione da lui redatta quel giorno e spiegando dove potesse avere ecceduto. Il pubblico ministero Maria Rita Pantani gli contesta di aver attestato falsamente che il tunisino cercò di colpire gli agenti con una lametta che aveva sputato, contenente tracce di sangue e che lo avrebbe attinto al colletto; inoltre che gli erano state trovate lamette in tasca. E poi di aver scritto che il tunisino fu posto a terra perché troppo agitato e che aveva diverse lamette in tasca. Secondo la ricostruzione investigativa, in realtà il detenuto non sputò, non fu disarmato di una lametta e non gliene furono trovate altre. Il 44enne era invece incappucciato e avrebbe respirato a fatica; sarebbe caduto a terra solo a causa di uno sgambetto, per poi essere preso a calci e pugni da lui e altri due agenti, infine denudato e portato in isolamento. Per il pm, anche su sua indicazione, altri colleghi gli torsero un braccio e salirono con le scarpe sulle caviglie del detenuto. Secondo il viceispettore, il detenuto era invece esagitato perché non accettava di andare in isolamento: "Lo vidi sputare, e fui colpito da uno sputo". Ha anche precisato che non aveva il comando: gli fu detto di seguire il gruppo dei colleghi perché lui intervenne solo in un secondo momento. Sulla presunta tortura, ha raccontato: "Ho colpito al volto il detenuto mentre era a terra, a mano aperta. Lui era incappucciato ed era stato posizionato sul pavimento in attesa che fosse pronta la cella di isolamento. Mi sono accertato che respirasse – ha detto con riferimento al video dove lo si vede mettere la mano sotto il cappuccio – ma lui urlava e minacciava. A quel punto ho appoggiato la mia mano sul suo volto", un colpo forte dall’alto verso il basso per il quale lui ieri si è scusato in aula e ha versato mille euro (cifra offerta anche da altri sette colleghi). "Dopo che gli indumenti gli furono tolti e furono riposti nella guardania, e quando lui era già in isolamento, trovai lamette nelle tasche dei suoi pantaloni e le buttai nel cestino dei rifiuti indifferenziati". Sulla presunta relazione falsa, ha spiegato di aver riportato alcune circostanze riferite da altri. "A distanza di qualche giorno mi sono poi state chieste precisazioni sulle lamette: io ho detto che quelle che avevo trovato controllando a posteriori gli abiti le avevo buttate via".