Torture in carcere: "Gli agenti collaborarono: processate anche loro"

Attualmente sono dieci gli imputati per i fatti avvenuti alla Pulce il 3 aprile 2023. Ma la procura chiede di rinviare a giudizio altri secondini per "concorso morale".

Torture in carcere: "Gli agenti collaborarono: processate anche loro"

Il caso. riguarda la condotta tenuta dagli agenti della polizia penitenziaria verso un detenuto tunisino 44enne, fatti avvenuti il 3 aprile 2023 e per i quali si contestano i reati di tortura, lesioni e falso

Agli attuali dieci imputati nel presunto caso di tortura a un detenuto del carcere della Pulce potrebbero aggiungersene altri. Per alcune posizioni stralciate a seguito di un ricorso al Riesame, ora la Procura sarebbe intenzionata a chiedere il rinvio a giudizio. Il caso, sollevato dal Carlino, riguarda la condotta tenuta dagli agenti della polizia penitenziaria verso un detenuto tunisino 44enne, fatti avvenuti il 3 aprile 2023 e per i quali si contestano i reati di tortura, lesioni e falso. Il Riesame di Bologna ha depositato le motivazioni che stanno dietro al rigetto della misura cautelare in carcere chiesta dal pm Maria Rita Pantani per cinque di loro, impugnando la decisione del gip Luca Ramponi.

Diversi gli aspetti analizzati dai giudici bolognesi, che riconoscono però la possibile sussistenza del concorso morale. Si analizza innanzitutto la gravità indiziaria per le accuse di tortura e lesioni: "Non sono in discussione né la ricostruzione dei fatti sotto il profilo oggettivo, né la loro valutazione come riconducibili alle fattispecie delittuose contestate come operate dal gip nell’ordinanza impugnata".

Il pm Maria Rita Pantani aveva sollevato la questione del contributo da loro fornito ai fatti e alla sua configurabilità come concorso quantomeno morale per tortura e lesioni. Per tre di loro, un viceispettore e due sovrintendenti, "emerge come ognuno, pur essendo stato inquadrato per sette minuti, poco prima del momento in cui il detenuto viene incappucciato e fino a quando viene messo nel reparto di isolamento, sia rimasto passivo a osservare". Un agente "è filmato mentre aveva sollevato di peso il detenuto incappucciato e nudo dalla cintola in giù insieme ad altri sei colleghi e lo aveva condotto in isolamento". Un assistente capo "viene inquadrato mentre apre il cancello dei corridoio che conduce al reparto isolamento per far passare il detenuto... e con un piede blocca presumibilmente quello del detenuto sdraiato a terra e poi tira fuori dalla cella un altro collega agente che aveva percosso il tunisino". Secondo il Riesame, per il viceispettore e i due sovrintendenti, il loro grado superiore e il loro mancato intervento, "sono circostanze tali da avere rafforzato nei coindagati quel senso di sicurezza già ingenerato dalla natura di gruppo dell’azione criminosa, indicato dalla giurisprudenza quale elemento la cui determinazione nei correi integra il concorso morale".

Viene ritenuto onfondato l’appello del pm sulle esigenze cautelari in carcere: "Va escluso l’inquinamento probatorio alla luce della prova indiziaria data dalle telecamere", mentre sul rischio di reiterazione "è lo stesso pm a dire che questi indagati hanno assunto un ruolo di minor rilievo rispetto a quelli già raggiunti da misure di natura obbligatoria o interdittiva, ritenute già sufficienti dal gip e non impugnate dalla Procura sotto quest’aspetto, non avendo preso parte sul piano materiale a quelle condotte di particolare violenza".

Alessandra Codeluppi