"Mi dissero: ‘Se ti prendo nelle mani… ti spacco a due come un capretto’. Ho subito minacce e usura. E mi sono ritrovato la casa visitata due volte, con la porta sfondata. Ero terrorizzato per la vita mia e dei miei familiari, anche perché ho poi saputo che alcuni di questi uomini sono vicini ad ambienti di ‘ndrangheta".
Davanti al giudice delle indagini preliminari Luca Ramponi, ha parlato ieri per tre ore un imprenditore campano 46enne vittima di strozzinaggio: sono otto gli indagati a vario titolo per diversi reati, tra cui anche emissione di fatture per operazioni inesistenti, formulati dai pm Dario Chiari, Stefano Finocchiaro e Giulia Galfano. In agosto erano scattati tre fermi e perquisizioni che avevano impegnato carabinieri e finanza in supporto alla polizia di Stato. Due erano già stati arrestati in febbraio nell’operazione ‘Minefield’ incentrata su reati fiscali per riciclare denaro.
Gli indagati per la vicenda che riguarda il campano sono Giambattista Di Tinco (1975), nome già emerso in ‘Billions’, Mario Falbo (1971), Cristian Bari (1983), Davide Benetti (1996), Francesco Silipo (1990), Samuel Lequoque (1985), Gionata Lequoque (1978), questi ultimi due coinvolti in ‘Minefield’. Tra loro c’è il figlio di un condannato in ‘Aemilia’.
L’imprenditore si trova ora in una località protetta, grazie all’interessamento del procuratore capo Calogero Gaetano Paci (nella foto): ha ammesso di aver conosciuto queste persone facendo fatture false con loro - figura pure lui indagato - ma poi ne sarebbe diventato vittima. Pensò di farla finita, ma, supportato dall’avvocato Giacomo Fornaciari, ha trovato un appoggio nella giustizia che sta aiutando lui e i parenti. Poiché era in difficoltà, si sarebbe rivolto a Di Tinco ottenendo un prestito di 50mila euro con interessi usurari mensili di 10mila euro, fatto contestato dal novembre 2023 all’agosto 2024: il campano gli avrebbe versato la rata sino a marzo, dandogli 40mila euro, ma poi non ce l’avrebbe fatta più e sarebbero iniziate le minacce da Di Tinco e da Falbo, dal giugno all’agosto 2024.
Di Tinco avrebbe fatto riferimento anche a "persone che fanno un altro mestiere".
L’imprenditore, che gestiva una società-cartiera insieme ai Lequoque, ha raccontato di aver attinto 114mila euro dal conto corrente, per ripianare debiti ed evitare ripercussioni. Ma i Lequoque, Benetti, Silipo e Bari lo avrebbero costretto a pagare 15mila euro e lo avrebbero minacciato per riscuotere il residuo. Bari avrebbe agito su mandato dei Lequoque, che erano da poco ai domiciliari in ‘Minefield’. All’inizio del luglio 2024, diede appuntamento al campano nell’ufficio di Benetti in via Pansa, dove Bari, Benetti e Silipo gli chiesero conto dei soldi. Silipo lo avrebbe schiaffeggiato e Benetti avrebbe infierito: "Tu non sai chi è lui".
Benetti lo avrebbe accusato di collaborare con la polizia e Silipo lo avrebbe minacciato: "Poi uno esce, mica ne abbiamo uno solo sulle spalle".
Alessandra Codeluppi