Reggio Emilia, 10 febbraio 2020 - Non chiamatelo più Coronavirus cinese. O almeno è quello che ribadiscono a gran voce i ristoratori di Sushiko e Shibuya, le storiche catene giapponesi di sushi presenti in ogni angolo della nostra provincia. "Cosa c’entriamo noi con la Cina? Niente, assolutamente niente. Eppure qui registriamo un calo di clienti del 50% rispetto al solito: è una situazione insostenibile".
A parlare è il direttore dello Shibuya di Rubiera, Vincenzo Guarascio. Dati emblematici, che non lasciano spazio all’interpretazione: "Da una settimana circa i numeri sono in picchiata. Sappiamo tutti qual è la causa; ci confrontiamo tra ristoratori, sia con la concorrenza reggiana, che con quella modenese per esempio. Alla fine siamo tutti sulla stessa barca: il calo è palese e impossibile da mascherare". Non a caso anche il Sushiko lamenta le stesse cifre: "Siamo anche noi sul -50% - spiega rassegnata Roberta, store managar del locale all’hotel Europa -. Il problema? Spiace dirlo ma si tratta semplicemente dell’ignoranza delle persone. Alcuni ci chiedono la provenienza del cibo: secondo loro il pesce arriva direttamente dalla Cina? Abbiamo fornitori italiani come tutti. E come normale che sia; ben più inquietante invece è come le persone si lascino condizionare così facilmente". Una versione confermata anche da Guarascio: "È diventata una psicosi asiatica, nuda e cruda; una vera e propria forma di razzismo: non importa se il fornitore è italiano, norvegese o giapponese, l’importante è rigettare tutto ciò che risulta asiatico".
Sui social entrambe le catene hanno iniziato una massiccia campagna di sensibilizzazione. "L’obiettivo è essere più limpidi possibili - il parere di Giacomo Belotti, direttore Emilia-Romagna di Sushiko -. Per noi non è cambiato niente, e vogliamo mostrarlo certificando i nostri prodotti, e fotografando il nostro personale. A tal proposito, il dispiace più grande va a loro. Chiaro, c’è una grande perdita economica, e prevediamo almeno un paio di mesi per tornare all’ottimo regime precedente. Però questi ragazzi non hanno fatto niente di male; e rischiano più di tutti di pagarne le conseguenze". "Siamo stati i primi ad aprire a Reggio ormai 14 anni fa - si legge sulla pagina social dello Shibbuya -. Non staremo a dirvi che le materie prime sono di qualità, che sono tracciabili ecc ecc...Ovviamente è così! E come se vi dicessimo che abbiamo i tavoli, le sedie e le bacchette per farvi mangiare! Il Coronavirus non si trasmette mangiando cibo giapponese!". Mentre Guarascio conclude: "La cultura giapponese, migliore della nostra, permette ai miei ragazzi di non lasciarsi abbattere. Ringrazio i nostri clienti abituali per la fiducia: questa psicosi deve finire".