GIULIA BENEVENTI
Cronaca

Sualo, trafficante che si crede Dio: "Dalla Libia arrivi in paradiso"

Le agghiaccianti conversazioni dei migranti nigeriani con il capo bastone che stava qui "Se uno muore non è importante. Devi pagare il debito, mettiti a fare le elemosina".

Sualo, trafficante che si crede Dio: "Dalla Libia arrivi in paradiso"

Sualo, trafficante che si crede Dio: "Dalla Libia arrivi in paradiso"

"Non devi avere paura, arrivi in Libia e poi qua in Italia come ho fatto io… Se uno muore non è importante".

L’opera di convincimento di O. G., detto Sualo, nei confronti dei suoi connazionali in Nigeria segue un’unica scia: quella dei soldi. Ma la promessa del "paradiso", come viene definita l’Europa a confronto con "l’inferno" del loro Paese natale, cela il pesante compromesso di una vita da accattoni o da spacciatori, per sanare il debito nei confronti del "padre" che aveva permesso loro di raggiungere l’Italia.

Le intercettazioni riportate nell’ordinanza dell’operazione ‘Last’ (38 misure cautelari) non lasciano dubbi: tra Sualo e i suoi galoppini vige un rapporto di completa subordinazione, in cui i "figli" vengono assoggettati senza remore. All’accusa di spaccio e traffico di stupefacenti, nei confronti del 34enne nigeriano si aggiunge quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Lui si faceva carico dell’organizzazione anche finanziaria del loro arrivo qui, e seguendo le sue conversazioni al telefono si può ricostruire l’ultima parte del viaggio dalla Nigeria a Reggio di E. S., detto Gbedu, 28 anni.

"Mandami un po’ di soldi" chiede Gbedu a Sualo mentre si trova a Foggia dopo essere sbarcato in Sicilia. Vuole raggiungere Reggio, ma non ha nulla con sé. "Io devo mandarti i soldi? – risponde Sualo –. Lo sai che appena arrivi devi andare a fare hustle (l’elemosina, ndr) come tutti gli altri? Non hai voglia di fare niente". "Se tu non vuoi prendere il treno senza fare il biglietto, inizia a fare hustle – aggiunge poco dopo –. Qualunque cosa fai lì, fammi avere i miei soldi". Circa un mese dopo, a gennaio 2022, Gbedu inizia ad avere dei ripensamenti e dice a suo ‘padre’ di voler tornare al Sud, "prima che il mio campo (la possibilità di lavorare nei campi, ndr) scada". Sualo inizia con le buone ("Tu sei già arrivato qua, dove c’è luce"), ma Gbedu non sembra voler cedere: "È qua che tu devi trovare i soldi da dare a me, non in Sicilia" tuona allora Sualo.

Dalle conversazioni con altri connazionali qui a Reggio, emerge il suo ruolo di capo e coordinatore: che sia su zone, orari e competenze dell’elemosina, l’ultima parola deve essere la sua. Ma di nuovo, Gbedu sembra essere una spina nel suo fianco: "Ho provato a fargli capire che non ci si comporta così con una persona che ti ha aiutato – dice un connazionale parlando con Sualo –. Pagherà il debito, ma chiede un po’ di tempo". "Questo mese, grazie a me, in soli due giorni ha guadagnato 200 euro – risponde Sualo – e gli altri 28 giorni?".

Poi cita altri ragazzi che si trovano downtown, cioè in Libia, e aspettano di partire per l’Italia: "Lui paga e io faccio arrivare un altro, l’altro paga e io faccio arrivare un altro ancora… Devo andare a fare hustle io?" replica infine. La sua autorità non viene mai messa in discussione, nemmeno dai familiari di Gbedu che vengono contattati da lui in Nigeria, mentre altri genitori gli chiedono come far arrivare figli e nipoti in Italia. Lo stesso Gbedu nelle intercettazioni lo rassicura: "Ho parlato con altri ragazzi (altri ‘figli’, ndr) e mi hanno detto di non scherzare con te. Tu lo sai ognuno ha il suo dio, tu sei il mio dio. Solo tu puoi dirmi cosa fare".