“Guidava da criminale, temiamo se la cavi con una pena mite”

Il 30 ottobre 2022 sulla via Emilia a Gaida persero la vita quattro persone. Al volante il compagno di una delle vittime, ora alla sbarra in tribunale. I parenti dopo la sfuriata contro l’avvocato in aula: “Nessuna minaccia”

I soccorsi dopo lo schianto sulla via Emilia a Gaida; nel riquadro Lame e Shane

I soccorsi dopo lo schianto sulla via Emilia a Gaida; nel riquadro Lame e Shane

Reggio Emilia, 25 settembre 2024 – “Dopo aver perso in un colpo solo tre figli e un nipote, per una condotta di guida criminale – quel giorno siamo morti anche noi – ed avere disperato bisogno, e diritto, di ricevere un po’ di giustizia, non possiamo finire noi sul banco degli imputati”.

Sono ancora sconvolti. Amareggiati. Distrutti da un dolore che non si può cancellare. Soprattutto con una gran voglia di spiegare e precisare.

Ardian e Anjeza Hyseni, il giorno dopo. Sono i genitori di Shane, Resat e Rejana, rispettivamente di 22, 11 e 9 anni, nonché nonni del piccolo Mattias, figlio di Shane, di appena un anno e quatto mesi.

Tutti rimasti vittime dello spaventoso incidente stradale avvenuto il 30 ottobre del 2022 a Gaida, sulla via Emilia in direzione Parma, per cui è imputato il compagno della figlia maggiore, anche lui di origini albanesi, Orjol Lame, oggi 32 anni, con l’accusa di omicidio stradale plurimo aggravato.

Lunedì mattina, durante l’udienza preliminare in tribunale, nell’aula presieduta dal gip Luca Ramponi, i genitori di Shane hanno perso il controllo scagliandosi contro l’avvocato difensore di Lame (al momento in Albania dove vive portando ancora i segni dell’incidente e della lunga degenza in coma che ne è seguita), Giuseppe Caldarola, fatto oggetto di insulti, soprattutto dalla madre, prima di abbandonare l’aula tra le lacrime (i coniugi sono stati calmati dal loro difensore, l’avvocato Nicola Termanini, che poi si è scusato in aula); un’aggressione verbale cui si aggiungono le rivelazioni dello stesso legale reggiano di aver ricevuto minacce telefoniche anonime nel periodo precedente all’udienza dell’altro giorno.

A distanza di 24 ore, arrivano, dunque, le precisazioni e le spiegazioni di Ardian e Anjeza, per bocca dello Studio 3A-Valore, che assieme a Termanini difende la famiglia di Shane costituitasi parte civile.

Innanzitutto il comportamento verso Caldarola: “Era il nostro avvocato, un amico di famiglia, ma conosceva bene anche Lame e quando si è trattato di scegliere a chi rivolgersi per questo delicatissimo procedimento abbiamo ritenuto che non fosse opportuno affidarci a lui, era venuto meno il rapporto di fiducia, ma siamo rimasti oltremodo amareggiati dal fatto che, nonostante questa situazione pregressa, abbia comunque ritenuto di difendere il responsabile della strage dei nostri ragazzi”, spiegano.

“Le minacce? Smentiamo categoricamente – aggiungono –. non si capisce come possa affermare provenire da un prefisso albanese se il numero è appunto schermato. Noi comunque non facciamo queste cose”.

La rabbia in aula? “Non sono altro che il frutto dell’immenso dolore che proviamo e con cui conviviamo da ormai due anni e di una sete di giustizia, giusta. Pur sapendo bene che nulla e nessuno potrà restituirci Shane, Resat e Rejana e Mattias”.

Dopo aver già dovuto ingoiare il fatto che il colpevole è potuto rientrare in Albania ed è libero come l’aria, ora temono che possa cavarsela con una condanna mite o quanto meno non adeguata ai gravissimi reati commessi.

Nella prossima udienza, infatti, l’avvocato Caldarola rivelerà se e quale rito alternativo, con gli annessi sconti di pena previsti dal codice, chiedere per Lame: “Anche il patteggiamento? A quello non vogliamo neanche pensare”, concludono i coniugi Hyseni, oggi tornati in Albania, dopo aver vissuto in Italia dal 1991 sino a quella tragica serata di fine ottobre: “Non possiamo più continuare a stare qui dove tutto ci ricorda i nostri bambini”.