BENEDETTA SALSI
Cronaca

Spirito chiude dopo 38 anni: "Al centro di Reggio Emilia serve una svolta"

Athos Luppi e la moglie hanno fatto la storia del commercio dell’esagono. "Desertificazione? La colpa è anche dei reggiani, si lamentano ma non lo vivono"

Athos Luppi, 78 anni, dentro il suo negozio che chiuderà il 31 agosto

Athos Luppi, 78 anni, dentro il suo negozio che chiuderà il 31 agosto

Reggio Emilia, 28 agosto 2024 – Un altro pezzo di storia della città che se ne va, di quella Reggio che brulicava di boutique e vetrine all’avanguardia dal sapore europeo. Athos Luppi, 78 anni, e la moglie con la fine di agosto chiuderanno dopo 38 anni il negozio Spirito, all’angolo fra la via Emilia e via Guidelli; la prima insegna dei portici di San Pietro. Un luogo che da sempre è stato sinonimo di bellezza, eleganza e ricerca; di ispirazione e di capi mai banali.

"Ho 78 anni anche se non li dimostro – sorride Luppi –. Quindi è arrivato per me il tempo di riposarmi e godermi un po’ la vita. Sicuramente, però, sulla decisione ha influito anche la situazione in cui versa il centro storico".

Un pensiero al passato e la fotografia sull’oggi. "Reggio è diventata una giungla – sospira –. Anche qui di fronte continue scazzottate, senso di insicurezza. Parcheggi che non ci sono e non adatti, con i reggiani che invece vogliono essere comodi e non fare due passi in più. Ma credo che gran parte della colpa sia soprattutto loro, dei reggiani. Si lamentano tanto, ma poi il centro non lo vivono. Noi abbiamo sempre avuto clienti a cui piaceva la qualità, ma adesso non vengono più. Io sono disposto a fare decine di chilometri se voglio andare a mangiar bene in un ristorante e premiare così un’attività che lavora come si deve. Invece per l’abbigliamento non funziona più: in tanti si stanno rammaricando per la nostra chiusura, ma il centro è sempre più deserto. E così, intanto, muore".

Racconta la sua storia, che arriva da lontano. "Ho cominciato nel 1981 con un banco in piazza San Prospero che si chiamava Athos, un ambiente unico che vendeva già capi di qualità – ricorda –. Una boutique in piazza, in pratica, a quel tempo si facevano affari. Poi ho aperto il negozio in via Franzoni, questo e infine un altro a Santo Stefano. Avevamo tre punti vendita ai tempi d’oro. Pian piano li abbiamo ceduti ed era rimasto solo questo. Ma vede? Ormai qui se ne vanno anche le catene. E per cambiare servirebbe davvero una svolta".

Butta uno sguardo dall’altra parte del marciapiede. "Guardi solo il bluff del mercato coperto... Come fa un Comune a fare un errore del genere? Nessuno ci ha chiesto di dare un parere. Magari avremmo potuto dire la nostra".

Ora non resta che qualche capo appeso, il più è andato a ruba con gli sconti eccezionali per la cessata attività. "Chiudo a fine mese, poi vedremo – chiosa Luppi –. Il negozio è sempre andato discretamente, ma nessuno ha voluto investire. Anche se praticamente l’avrei regalata la mia licenza, l’avviamento. Io ai miei tempi ho rischiato e ho investito tantissimo, passando da un bar a un negozio di abbigliamento. Qui la storia poteva dare una mano. Avrei aiutato. Ma nessuno si è fatto avanti. La situazione è molto buia. E mi conceda una cosa: tanti miei colleghi si sono buttati su internet per stare a galla, ormai guadagni solo se vai su Instagram, ma per me è pazzesco. Noi non l’abbiamo mai voluto fare. Anche perché, sono sincero, vedo solo tanto cattivo gusto".