GABRIELE GALLO
Cronaca

"Sono stati 43 anni di vergognoso teatrino"

Davide Gatti, nipote del pilota del Dc9 dell’Itavia abbattuto il 27 giugno 1980: "Mio padre perse un fratello, è morto senza la verità" .

"Sono stati 43 anni di vergognoso teatrino"

di Gabriele Gallo

"La verità, maledizione, dite la verità, sono dieci anni che aspettiamo". Così urlava l’attore Corso Salani, impersonando Andrea Purgatori, rivolto a politici e ufficiali dell’aeronautica nella scena finale de Il muro di gomma. Il film di Marco Risi dedicato alla strage di Ustica. Di anni ne sono passati 43 ma ieri, Giuliano Amato, più volte Presidente del Consiglio e ministro, ha aperto il primo squarcio ufficiale nel muro di gomma dell’omertà, accusando apertamente i francesi di avere abbattuto il Dc9 dell’Itavia. Amato si occupò parecchio di questa storia, specie da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio durante il governo Craxi.

Pilota di quel volo era Domenico Gatti, originario di Boccassuolo di Palagano, ma trapiantato a Reggio fin da giovane. Suo fratello Edoardo, fondatore dell’omonima autoscuola cittadina, per anni si è battuto per la ricerca della verità. Purtroppo né lui, né Purgatori, che lottò per quattro decenni affinché si facesse luce su quella notte, hanno potuto leggere le dichiarazioni di Amato. Il giornalista è scomparso poco più di un mese fa. Edoardo Gatti a marzo 2022. Nel 2020 aveva rilasciato un’intervista al nostro giornale nel quale ripercorreva i giorni della sciagura e il suo impegno ricordando dapprima lo strazio della visita all’obitorio per cercare i resti del fratello ("i cadaveri erano tutti privi degli occhi, a parte quelli dei bambini, che erano più bassi dei sedili. In quella stanza ho visto tutta la cattiveria dell’uomo" ci confidò) per poi concludere amaramente: "Non mi faccio illusioni, morirò senza sapere la verità. Credo che solo i figli di Domenico e i miei potranno conoscerla".

Quanto affermato da Amato ha indubbiamente scosso tutti i familiari delle vittime ancora in vita. Tra questi, appunto, Davide Gatti, figlio di Edoardo. Che aveva 9 anni quando l’aeromobile venne abbattuto.

Gatti, che ricordo ha dei giorni della tragedia?

"Soprattutto lo sconvolgimento a livello familiare nell’immediatezza; mio padre che parte per Roma per riconoscere la salma, che poi non fu mai trovata. Una vicenda molto dolorosa che ha segnato soprattutto i miei cugini ma, in generale, tutta la famiglia. Anche perché con la famiglia di mio zio andavamo spesso in vacanza insieme".

Cosa pensa delle parole di Amato?

"Credo che prima di chiedere le scuse della Francia e di Macron dovrebbe essere lui, che della strage di Ustica si è interessato parecchio e che è stato ai vertici del governo, a farlo per prima. E insieme a lui dovrebbero chiedere scusa alle vittime, ai familiari e a tutti gli italiani i rappresentanti delle istituzioni e dell’Aeronautica ancora vivi e che hanno avuto ruoli di responsabilità in quel periodo. In troppi hanno contribuito a nascondere e insabbiare".

Cosa deve fare la Francia?

"Semmai cosa avrebbe dovuto fare allora. Proprio perché non si voleva abbattere deliberatamente il Dc9, dato che i bersagli erano altri, sarebbe stato rispettoso per le vittime ammettere l’errore, per quanto colossale e causa della rovina di tante famiglie. Ecco, il rispetto per i morti e per i loro congiunti è sempre mancato".

Se suo padre fosse ancora vivo, cosa avrebbe detto oggi?

"Ne prenderebbe semplicemente atto, con amarezza. In lui, a un certo punto di tutta questa storia, non c’era più il desiderio di ufficializzare una verità che per tutti i familiari delle vittime era nota e chiara. Mio padre sapeva già cosa era successo".

Pensava alla pista francese?

"La riteneva la più probabile e del resto era poi emersa anche da subito nell’ambiente degli inquirenti, dei familiari. Aveva ancora il dubbio che pure gli americani c’entrassero qualcosa. Diciamo che quello che è sempre stato ufficioso sta diventando sempre più ufficiale. Forse perché gli autori dell’atto e altri protagonisti sono quasi tutti morti. Chi pagherà quindi per gli oltre ottanta morti? È tutto così paradossale… "

A 43 anni da quella tragica sera, cosa si sente di dire?

"Che sono stati quarant’anni di vergognoso teatrino. Per uno dei più grossi misteri italiani che, nostro malgrado, ci ha coinvolto. Mio padre l’ha vissuta in modo molto pesante perdendo un fratello. Per un certo tempo ha anche collaborato con l’associazione dei familiari poi, rinnovare continuamente il dolore stava diventando pesante. Ma è sempre stato vicino a chi cercava la verità".