
La testimonianza della giovane ieri in aula dietro il paravento
Reggio Emilia, 5 aprile 2025 – Il paravento non riesce a nascondere la sofferenza di una giovane di 18 anni. È talmente profonda da renderle all’inizio quasi impossibile ripercorrere gli abusi subiti quand’aveva 17 anni. "Sono cose che non si raccontano, molto brutte", esordisce lei, siriana, aiutata da un traduttore. Ma poi è riuscita a portare alla luce quella memoria terribile: "Confermo quanto dissi alla polizia: sono stata violentata".
Lei e la sua famiglia volevano lasciarsi alle spalle la guerra e il terremoto in Siria, ma finirono nelle mani di trafficanti.
La ragazzina fu portata in un casolare a San Rocco di Guastalla e separata dai parenti: fu stuprata da un uomo e poi scaricata in una stazione di servizio a Lodi. Il pakistano 31enne Muhammad Waqas, in custodia cautelare in carcere, è a processo davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Cristina Beretti, a latere Giovanni Ghini e i membri popolari. In concorso con una donna albanese, Stela Molla, irreperibile, e il connazionale Zeshan Mohammad, che ha scelto l’abbreviato, deve rispondere di trasporto illegale in Italia della famiglia siriana, che fu suddivisa su due auto, e di sequestro di persona.
Al solo Waqar, difeso dall’avvocato Elisa Baldaccini, si contestano anche violenza sessuale pluriaggravata e lesioni. Sui fatti di San Rocco, ieri la giovane donna ha raccontato: "Mi ritrovai sola in una stanza: mi avvicinò un uomo che iniziò a toccarmi. Era colui che sedeva al fianco di Stela quando conduceva l’auto. Gli chiesi di levarmi le mani di dosso, ma lui continuò. Cercai di uscire ma la porta era chiusa, così tentai di calciarla e lui mi trascinò a forza con sé".
Prima di questo fatto lei fu separata dagli altri.
"Arrivò il conducente della macchina dove viaggiò mio padre. Portarono via mia madre per prima dicendole che l’avrebbero accompagnata dov’era mio papà: lei si oppose, ma loro dissero che era meglio così per evitare controlli della polizia".
Poi entra nel vivo della barbarie: "Mi picchiò sulla faccia e sulla pancia. Io mi opposi invocando: "Please! Please!". Ma lui non si fermò, tentò di bloccarmi e mi minacciò: "Se non stai zitta ti metto dentro il frigo". E mi colpì con una bottiglia. Urlavo con tutte le mie forze, ma più urlavo più lui mi picchiava: sembrava un matto e ansimava. Poi mi spogliò".
Il traduttore ha poi spiegato: "Adesso il suo racconto si è bloccato. Lei fa fatica a parlare". Poi la giovane ha ripreso: "A un certo punto mi sono arresa. È arrivata poi un’altra persona: ho sperato che intervenisse, ma hanno solo parlato tra loro e la porta si è richiusa. Poi lui mi ha portata al piano superiore e mi ha messo le mani sul collo, facendomi perdere i sensi".
Il giudice Beretti le ha chiesto di raccontare cosa fosse accaduto dopo che era stata denudata: "Ho continuato a urlare. Lui mi ha toccata in tutte le parti del corpo e ha fatto ciò che doveva fare". Il pm Galfano le ha chiesto se potesse spiegare di più, per quanto difficile. Ha risposto il traduttore: "Lei non dice altro. Non si esprime...".
Il pm le ha domandato se l’uomo fosse nudo, e la giovane ha risposto: "Presumo di sì, ma durante tutta la violenza tenni gli occhi chiusi. Pretendeva che io compartecipassi ai suoi desideri".
Il giudice le ha chiesto se lui l’avesse baciata, ottenendo un sì. E anche se abbia subito uno stupro. "Non lo so", ha risposto in prima battuta la giovane, ma quando il pm le ha riletto le sue dichiarazioni alla polizia ha poi confermato. La giovane ha anche riferito che lui la minacciò: "Mi disse: "Abbiamo con noi tua madre e le tue sorelle: se non farai ciò che dico non le rivedrai" E riferendosi a ciò che io subii: "O tu o tua sorella".
Poi ha raccontato di aver dovuto mandare un audio al padre dove diceva che la stavano picchiando, senza aggiungere altro, e che volevano i soldi. Infine è uscita dalla casa di San Rocco, "accompagnata in auto da Stela e dal conducente che portò mio padre in Italia. Pensavo mi riportassero dai miei, ma mi abbandonarono vicino a un distributore, dicendomi che al vicino centro commerciale c’era la mia famiglia, ma io non la trovai. Sanguinavo, avevo un braccio rotto: chiesi aiuto e fui portata dalla polizia".
All’inizio dell’udienza è stato ascoltato anche il padre. Ha detto che lo chiamò sua figlia chiedendogli di pagare perché le avevano già fatto del male, che lui le chiese se fosse stata violentata e lei gli disse di sì: a questo punto anche il genitore è scoppiato a piangere in tribunale. Dopo oltre un’ora di deposizione, pure la figlia è uscita dall’aula singhiozzando e rifugiandosi in un abbraccio con gli agenti della squadra mobile di Lodi.