Reggio Emilia, 19 settembre 2024 – Anche il nostro Appennino piange l’indimenticabile Salvatore «Totò» Schillaci, morto ieri a 59 anni dopo una malattia. Ha scritto la pagina più bella con le notti magiche dei mondiali di Italia ‘90. Ma fu anche protagonista di una serata unica a Baiso.
Arturo Borghi, fu lei l’artefice di tutto. Che ricordi ha?
«Non si possono descrivere. Era il 1° luglio 2002, ero dirigente del Baiso nel Torneo della Montagna ed è tutto vero: contro il Roteglia schierammo Schillaci».
Come nacque l’idea?
«In inverno mandai delle mail, e dopo una lunga trafila, grazie anche ad un amico procuratore siciliano, tutto si realizzò. Ho fatto leva sui sentimenti per convincerlo, su quanto sarebbe stato bello per il nostro Appennino avere uno come lui».
Perché «uno come lui»?
«Al di là della popolarità, era partito dal basso per arrivare a vette altissime. Spirito da guerriero, come quello del Montagna».
Si giocò di lunedì.
«Spostare un incontro era un’impresa, ma trovai la disponibilità del Csi. Sarebbe stato un peccato sovrapporre questo evento alle altre partite».
Un evento unico.
«Ben tremila persone di lunedì sera: oggi sarebbe impensabile. Sì, non fu una partita: fu un evento irripetibile».
L’arrivo di Schillaci in Emilia avvenne senza problemi?
«Non proprio: andai all’aeroporto di Bologna ad attenderlo. Arriva l’aereo, ma lui non c’è. Lo chiamo, e mi fa ‘Io sono in aeroporto’. Ed io: ‘Ma dove, non ti vedo’». Insomma: era a Palermo, aveva preso il volo successivo. Arrivò e fu sin da subito disponibilissimo: umiltà da non crederci. Non fece richieste particolari o da star, venne per il piacere di vivere una cosa nuova».
E della partita cosa ci dice?
«Perdemmo 3-0, ma non contava nulla. Colpì due traverse, c’era un’atmosfera incredibile. Diede l’anima in campo, e fu fantastico negli spogliatoi. C’erano i palloncini, l’amico Moreno Rossi intonò ‘Un’estate italiana’ sparata dagli altoparlanti e il pallone fu calato in elicottero».
Qualche aneddoto dallo spogliatoio?
«Si fece massaggiare da Athos Notari (scomparso nel 2022, ndr) che faceva ridere tutti in dialetto. ‘Oh ragas, guardate qua che muscoli!‘. E gli altri esterni non vollero rimborsi: fu sufficiente giocare con lui».
Cenaste insieme?
«Raramente ho visto mangiare così tanto Parmigiano Reggiano, gli piacque tantissimo. Ci spiazzò la sua naturalezza. Facemmo un giro per il territorio, e lo portai dal mio amico Michele Campani (collaboratore del Carlino, ndr) per un’intervista».
E il giorno rientrò in Sicilia.
«Ma non finisce qui. Mi chiamò l’indomani dicendomi che si era scordato le scarpe da calcio della partita. Gli dissi che le avrei tenute io: fu una sorta di dono, ancor’oggi le custodisco con grande affetto».
Vi siete più risentiti?
«Sì, per gli auguri di Natale. Era davvero unico».