Reggio Emilia, 13 maggio 2023 – Sulla morte di Saman Abbas emergono le prime certezze: la causa, innanzitutto. Ma altre circostanze sono ancora da chiarire: qualche risposta potrà forse arrivare solo al termine delle perizie medico-legali e di archeologia forense commissionate dalla Corte d’Assise, "ancora in corso".
A dirlo è Cristina Cattaneo, anatomopatologa forense che ieri, insieme al collega specialista Biagio Leone, ha illustrato le prime risultanze sul cadavere della 18enne pakistana, durante il processo per omicidio a carico dei genitori, lo zio e due cugini.
Cattaneo conferma la morte per "asfissia meccanica", dovuta alla "compressione del collo". A domanda del procuratore capo Calogero Gaetano Paci, che ieri ha affiancato il pm Laura Galli, Cattaneo affronta un tema importante: i tempi della morte.
"Quanto deve passare perché l’uso delle mani o di uno strumento sul collo provochino il decesso?", chiede Paci. "Non esiste una risposta precisa. Ma direi pochissimo – risponde l’anatomopatologa –. Secondo la letteratura scientifica, le morti per asfissia sopraggiungono infatti nel giro di 5-6 minuti. Se la vittima si ribella o scalcia, i tempi possono essere appena più lunghi. Non c’era terra nella trachea: non abbiamo elementi per dire che sia stata sepolta viva. E neppure lesioni cerebrali, segno di una contusione che può averle fatto perdere i sensi".
Come spiegato da Leone, dalle radiografie all’osso ioide "emergono a sinistra un disallineamento e una frattura": "Poiché lei era giovane, la struttura è più flessibile, quindi è stata applicata maggiore forza".
Le indagini istologiche hanno evidenziato tracce "di natura emorragica" nei tessuti molli intorno all’osso, "segno che la frattura è avvenuta mentre lei era in vita". Nei polmoni "c’è abbondante quantità di sangue", richiamato dai respiri forzati fatti durante l’asfissia.
Secondo i periti è più probabile che Saman sia stata strozzata con le mani, rispetto all’uso di strumenti come un laccio (strangolamento): in base alla letteratura, le fratture dello ioide "sono più probabili in caso di strozzamento" che non con l’altra modalità.
Di un solco sul collo ritenuto interessante ("ma non è un taglio, il tessuto organico è conservato", ha precisato Cattaneo) è stato fatto un calco: non sono emerse impronte di cordini usati per uccidere.
Saman era vestita, ma non sono state trovate ancora scarpe e calze. L’analisi del terreno, "cinque metri cubi di terra", è ancora in corso, a opera dell’archeologo forense Dominic Salsarola: "La setacciatura è finita, ma non la flottazione", cioè il passaggio in acqua per separare piccoli elementi come capelli o peli.
Al vaglio del genetista Roberto Giuffrida vi sono gli indumenti e anche le unghie di Saman, per estrarre eventuale Dna diverso dal suo. Al momento, secondo i due medici, non è possibile desumere quante persone abbiano agito.
Ieri non è comparso il padre di Saman. "Per la situazione di sicurezza in Pakistan e le rivolte in carcere a Islamabad, Shabbar Abbas non è ancora in collegamento. Ce lo fanno sapere le autorità pakistane": così ha detto la presidente della Corte d’Assise Cristina Beretti.
Il suo team difensivo, intanto, si amplia: all’avvocato Simone Servillo si è unito il collega Enrico Della Capanna. Il difensore di Ikram Ijaz, Maria Grazia Petrelli, commenta così la relazione dei due specialisti: "Emergono i primi punti fermi, ma ancora mancano molti elementi per capire cos’è successo. Il mio assistito resta fermo nella sua posizione: lui vuole provare la sua innocenza anche per l’occultamento del cadavere".